di Henry62
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E' un periodo di tempo che la discussione sui fatti dell'11 Settembre si é arricchita in maniera spropositata del termine "prova", a volte accompagnata da aggettivi che ne vorrebbero esaltare la forza, come "incontrovertibile", a volte invece l'intrinseca debolezza e fallacia, la cosiddetta "falsa" prova.
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La sensazione é che, in genere, abusare della parola "prova" nasconda proprio il non averne di effettive: la cosa mi pare significativa e mi é sembrato bene dedicare una riflessione.
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Iniziamo a parlare di cosa sia una prova e come debba essere ricercata, per esempio nel processo penale italiano.
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La prova in diritto, visto che di un reato si sta parlando, é la dimostrazione della sussistenza di fatti, non la loro replica digitale o riproduzione su un modello.
In particolare:
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"1. Sono oggetto di prova i fatti che si riferiscono all'imputazione, alla punibilità e alla determinazione della pena o della misura di sicurezza.
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2. Sono altresì oggetto di prova i fatti dai quali dipende l'applicazione di norme processuali.
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3. Se vi è costituzione di parte civile (76 s.), sono inoltre oggetto di prova i fatti inerenti alla responsabilità civile derivante dal reato (74; 185 c.p.).»
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(Art.187 c.p.p. - Oggetto della prova)"
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La prova, quindi, non si crea mai, nè in laboratorio nè al computer, ma la si può individuare in laboratorio esaminando dei reperti originali, non certamente le loro copie più o meno fedeli.
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La prova é un fatto, non la sua simulazione.
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Detto questo, é chiaro che il problema é stabilire quando si può parlare di prova e quando, invece, si abusa del termine.
Le norme, in questo caso, fissano dei principi che valgono, per l'intrinseca forza degli stessi, anche nel discorso extra-giudiziario.
Si deve distinguere fra "elementi di prova" e "prove":
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"elementi di prova": cioé i dati relativi ai fatti raccolti durante le indagini preliminari, destinati a diventare prove, nel senso pieno del termine, nel corso dell'analisi dibattimentale. Se per un qualunque motivo un elemento di prova non può attendere la fase dibattimentale per essere riconosciuto come prova a tutti gli effetti, si deve ricorrere, nel diritto italiano, alla procedura dell'incidente probatorio, unico caso in cui la prova viene riconosciuta come tale prima del dibattimento in aula.
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A questo punto si pone allora la questione delicatissima, per ovvi motivi, di come debba essere eseguita la fase di assunzione ed ammissibilità degli elementi di prova, ai fini del loro riconoscimento in prove.
L'assunzione delle prove é regolata dal principio dispositivo: su richiesta delle parti il giudice é chiamato ad assumere nel dibattimento gli elementi di prova e può disporne la non assunzione solamente in alcuni casi ben definiti dalla legge, cioé quando queste siano contrarie alla legge, manifestamente superflue o addirittura irrilevanti coi fatti sottoposti a processo.
Il giudice, quindi, decide sull'ammissibilità degli elementi di prova, ma questi devono essere presentati dalle parti; il giudice, poi, può disporre l'effettuazione di perizie tramite consulenti tecnici d'ufficio che godano della sua fiducia.
Come detto, la prova nasce nel dibattimento, non prima, per cui c'é da chiedersi quali siano i modi in cui gli elementi di prova diventano prove a tutti gli effetti:
"mezzi di prova": sono tutti quei mezzi destinati a creare nel giudice la giusta consapevolezza e conoscenza più approfondita possibile dei fatti di cui si deve giudicare, come per esempio l'analisi di documenti, l'interrogatorio dei testimoni e delle parti, l'effettuazione di confronti o visite in loco tramite ricognizioni, l'effettuazione di perizie e tutto quanto nel corso del dibattimento il giudice ritenga di effettuare, nel rispetto delle leggi, per avere un quadro completo della situazione;
"mezzi di ricerca della prova": sono tutti quei mezzi posti in essere dal giudice non al fine di creare un convincimento nella Corte, ma per portare all'acquisizione di elementi dotati di attitudine probatoria (tipico esempio, il disporre una perquisizione).
Fra tutte le prove, particolarmente interessanti ai nostri fini sono le cosiddette "prove materiali", cioé gli oggetti reperiti dalle autorità investigative sulla scena del reato o comunque connesse ai fatti e custodite dall'autorità giudiziaria, i rilievi fatti sugli oggetti nel corso di investigazioni di polizia scientifica e le relazioni di esperti qualificati sugli oggetti repertati.
E' interessante sottolineare un fatto, che non mi stancherò mai di ripetere: gli oggetti da valutare sono quelli custoditi dalle autorità giudiziarie, non le loro copie, più o meno difformi dagli originali.
Altro tipo di prove che merita particolare interesse é quello delle "prove indiziarie".
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Che co'è un "indizio"?
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L'indizio é sostanzialmente una manifestazione, un segno, un elemento che induce a ritenere possibile qualcosa, ma non é in grado, da solo, di dare certezze.
E' una sorta di elemento di prova indiretta, incapace di dare da sè stesso la prova che un fatto è accaduto, ma che potrebbe fornirla attraverso un'operazione logica.
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In termini statistici, si potrebbe dire che un indizio ci dice che qualcosa potrebbe essere possibile, ma non si sa quanto probabile.
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Le "prove indiziarie" sono tali quando esistono indizi, gravi, precisi e concordanti verso un'unica possibile spiegazione dei fatti.
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Dopo questa premessa, che serve per fissare alcuni punti da cui non si può e non si deve transigere, torniamo al discorso sull'11 Settembre.
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Si parla troppo spesso, abusando del termine, secondo me, di prove di questo o prove di quello, ma la realtà dei fatti é diversa: le prove vere, quelle che sole contano, ci sono e sono quelle risultanti dagli atti giudiziari, dalle sentenze dei processi conclusi e dalle testimonianza giurate raccolte nell'immediato dei fatti criminosi nelle mani di magistrati delle Corti di Giustizia; tutto il resto sono chiacchiere, accattivanti e magari intriganti per gli scenari che lasciano intravvedere, ma sono solo chiacchiere che vengono prese sul serio solamente da chi é disposto ad attribuire loro un'autorevolezza che, invece, é ancora tutta da dimostrare.
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E' chiaro che chi sostiene ipotesi alternative griderà allo scandalo, ma credo che sia ora di guardare in faccia la realtà: o si ipotizza che l'intera magistratura americana faccia parte di chissà quale complotto, così come le autorità di sicurezza USA, i pompieri, le forze armate e chi più ne ha, più ne metta, oppure si deve chiudere questo teatrino che sta proseguendo su una strada a dir poco traballante.
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La magistratura americana ha svolto i suoi accertamenti e si é pronunciata: non sto parlando di politici delle Commissioni del Congresso, di tecnici del Nist o della Fema, ma parlo di magistrati delle Corti di Giustizia.
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Se si vuole si continui pure ad ipotizzare teatri fantasiosi e campati per aria, aeroplani che vanno e che vengono, armi e tecnologie talmente segrete che nessuno riesce a capire di cosa si tratti (altrimenti che segreto sarebbe?), e quindi non sono nemmeno identificabili da normali procedimenti tecnico-scientifici, al punto che qualcuno ipotizza alieni e armi spaziali, ma, per favore, non si parli di prove!