Peer-reviewing? Forse che si, forse che no...

di Enrico Manieri - Henry62
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Ricordate il documento "scientifico" del professor Harrit, Jones e altri?
Già, quel documento che annunciava la scoperta di "materiale thermitico attivo" nella polvere di Ground Zero...
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Sappiamo tutti come è andata a finire, cioè la redattrice responsabile della rivista, la professoressa Pileni, ha rassegnato le sue dimissioni dopo la pubblicazione, a sua insaputa, di un documento che lei non avrebbe mai autorizzato in una rivista scientifica.
I dubbi che quel documento aveva generato sono stati illustrati in questo articolo, ma gli autori, sostenitori fra i più accesi delle ipotesi complottiste, in particolare i professori Harrit e Jones, hanno sempre sostenuto che il loro documento era stato pubblicato da una rivista "scientifica" del gruppo Bentham, dopo aver superato un processo di peer-reviewing.
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Forti di questa argomentazione, gli autori hanno di fatto nicchiato sulle segnalazioni di dubbi tecnico-scientifici relativi al metodo seguito per giungere alle loro conclusioni, preferendo continuare a ribadire che la scientificità del loro lavoro era garantita dal processo di peer-reviewing della rivista.
 
Addirittura il professor Harrit, con una improbabile inversione di causa ed effetto, era arrivato a ventilare il rischio che il loro lavoro potesse essere danneggiato dalle dimissioni della professoressa Pileni...
Curioso, visto che proprio la pubblicazione del loro lavoro aveva provocato le dimissioni della signora Pileni.
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E' di ieri (12 giugno 2009) la notizia di un altro caso di dimissioni di un redattore scientifico responsabile di una rivista pubblicata dalla casa editrice Bentham.
 
Bambang Parmanto, professore associato dell'Università di Pittsburgh, era redattore responsabile ("editor in chief") del "The Open Information Science Journal", edito dalla Bentham, ma ha rassegnato le proprie dimissioni dopo aver appreso che sulla rivista da lui curata era stata autorizzata la pubblicazione di quello che altro non era che un clamoroso falso, una vera e propria beffa per lui e per la redazione scientifica della rivista.
Cosa era successo?
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Semplicemente dalla rivista scientifica della Bentham era stato accettato, dopo aver superato il processo di peer-reviewing, un documento "scientifico" privo di senso, generato in automatico da un software specificatamente concepito per generare testi di "computer science".
 
Ovviamente il senso del testo prodotto è privo di qualunque significato non solo scientifico, ma anche logico: il programma genera un testo solo grammaticalmente corretto, ma del tutto sconclusionato, anche se a prima vista l'insieme potrebbe sembrare funzionare.
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L'autore della beffa, Philip Davis, un ricercatore laureato della Cornell University di Ithaca, New York, ne ha dato notizia sul suo blog, in questo articolo: "Open access publisher accepts nonsense manuscript for dollars".
 
Dopo essere stato oggetto di spamming da parte della Bentham, Davis volle metterli alla prova, spedendo loro un documento per la pubblicazione, firmato da lui e da un altro ricercatore con nomi fittizi, che venne ricevuto dalla Bentham il 30 gennaio 2009.
 

Quasi quattro mesi dopo, Davis ricevette una lettera in cui si diceva che il suo documento era stato accettato per la pubblicazione, avendo superato il processo di peer-reviewing, e non restava che pagare 800 $ per passare alla pubblicazione, precisando che il pagamento doveva essere fatto in una zona "tax free" degli Emirati Arabi Uniti, la SAIF-zone!
 
A questo punto Davis ritirò il manoscritto, segnalando la presenza di errori che ne inficiavano la scientificità.
E' necessario dire che qualche mese prima una beffa analoga era stata scoperta e un manoscritto ugualmente privo di senso era stato respinto, ma in questo secondo caso il processo del peer-reviewing era stato superato e sarebbe bastato pagare gli 800 $ richiesti perchè la pubblicazione avvenisse.
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E' evidente che il processo di peer-reviewing praticato dalla Bentham per questa sua pubblicazione Open Access non sembrerebbe essere molto rigoroso e denuncia, come evidente in questo caso, inquietanti limiti che ne compromettono l'attendibilità scientifica.
Dopo questo test, i sostenitori del lavoro di Harrit hanno un problema in più con cui confrontarsi, visto che il processo di peer-reviewing di almeno una di queste riviste Open Access non può di certo essere vantato come un elemento di garanzia scientifica.

AGGIORNAMENTO

La rivista "The Open Information Science Journal" ha cessato le pubblicazioni nel settembre 2012.




 
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