Tecniche di identificazione delle vittime nei "Mass Fatality Incidents"

di Enrico Manieri - Henry62
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L'articolo che segue contiene immagini particolarmente forti, la cui visione è sconsigliata a persone sensibili o impressionabili.
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Col termine di "Mass Fatality Incidents" (MFIs) si intendono tutti quei disastri, naturali o provocati dall'uomo, in cui viene generato, sia direttamente che indirettamente, un numero elevato di vittime (siano essi feriti, dispersi e deceduti).
La ricerca delle vittime viene compiuta da speciali squadre di soccorso, anche con l'ausilio di cani specificatamente addestrati per fiutare la presenza di cadaveri.
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In genere si tratta di calamità naturali, come terremoti e incendi, che avvengono in zone geografiche definite ed in un breve periodo temporale.
Gli attacchi terroristici possono rientrare in questa categoria se i bersagli sono tali da coinvolgere grandi masse di popolazione (si pensi, per esempio, alle possibili vittime di un attentato con armi nucleari-chimiche-batteriologiche o agli esiti di un attacco ad una centrale nucleare). Per fare degli esempi recenti, furono eventi di questo tipo lo tsunami che colpì esattamente tre anni fa le coste asiatiche e gli attacchi terroristici dell'11 settembre negli Stati Uniti.
In tutti questi eventi furono coinvolte migliaia di persone di diversa nazionalità, turisti e lavoratori stranieri, di razze diverse e provenienti da diversi continenti, per cui le operazioni di identificazione posero problemi su scala internazionale.

In generale, questi eventi determinano una immediata disarticolazione della locale organizzazione, le cui capacità di reazione all'emergenza vengono rapidamente saturate dal numero elevato di richieste di intervento che pervengono in modo parossistico al centro di coordinamento dei soccorsi.
Nella gestione delle emergenze risulta determinante la velocità dell'intervento e la capacità di porre in immediata esecuzione adeguati protocolli di pronto intervento predisposti in anticipo, che prevedano lo schieramento di organizzazioni appositamente addestrate e motivate per fronteggiare immediatamente le esigenze della popolazione colpita.
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In presenza di un numero elevato di vittime, una di queste organizzazioni sul suolo americano è la DMORT, acronimo di "Disaster Mortuary Operational Response Team", che opera all'interno del "National Disaster Medical System" (NDSM).

Si tratta di una struttura di privati cittadini che operano, su chiamata, in team collocati a disposizione delle autorità locali per svolgere compiti specifici ed altamente specializzati nel campo dell'identificazione delle vittime, nell'allestimento di obitori temporanei in cui raccogliere i cadaveri e nella ricerca e conservazione dei reperti, oltre che nella stesura delle documentazione internazionale di descrizione delle vittime (modulistica DVI - "Disaster Victim Information").

Le squadre, normalmente, sono arricchite dalla presenza di funzionari federali a riposo, che mettono a disposizione la loro professionalità specialistica dopo essere usciti dal servizio effettivo e sono composte da professionisti delle diverse branche forensi.
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In questo ambito, come logico, la priorità deve essere attribuita al salvataggio di chi versa in immediato pericolo di vita (missione "search and rescue"), ma fin dalle prime ore si deve prestare particolare attenzione anche alla copertura delle esigenze sanitarie, legali e sociali della "gestione" delle vittime.

Laddove feriti e profughi possono essere accolti e curati da strutture sanitarie e sociali presenti in zone anche distanti dal territorio colpito, a livello invece strettamente locale deve essere data particolare attenzione alla identificazione delle vittime ed alla corretta e puntuale localizzazione dei cadaveri (missione "search and recovery": nel caso di Ground Zero, vennero attivati nuovi protocolli che prevedevano la localizzazione tramite GPS dei reperti di maggiori dimensioni nella loro posizione originaria, ma anche il setacciamento delle macerie di minori dimensioni alla ricerca di brandelli di corpi o di effetti personali rientra nel tipo di intervento di queste squadre).
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L'esigenza di procedere ad un riconoscimento delle vittime, documentarne fotograficamente le ferite e, nel contempo, assicurare celerità di intervento per i soccorsi e per i lavori di primo intervento (ripristino della viabilità, delle reti di servizi - acqua potabile, energia elettrica, rete del vapore - approntamento di alloggi d'emergenza e gestione dell'emergenza sanitaria) impone, fin dalle prime ore di schieramento dei soccorsi, una particolare attenzione e sensibilità all'esigenza di mappare adeguatamente il ritrovamento di ogni singolo individuo o parte di esso, che deve essere tracciato, fotografato ed identificato univocamente tramite un codice di reperto.
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La seconda importante necessità a cura dei soccorritori è quella di stabilire la continuità (anche "giuridica") della catena di conservazione dei reperti raccolti sulla scena del reato ("chain of custody").
L'importanza della salvaguardia della continuità della catena di conservazione dei reperti è fra gli aspetti meno percepiti dai non addetti al settore, ma si rivela fondamentale nel corso delle indagini investigative e nella determinazione degli elementi di prova dibattimentali nei processi penali a carico dei responsabili.
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Da un punto di vista sociale, la gestione dell'emergenza è divenuta di fatto una specializzazione importante dei funzionari delle organizzazioni di soccorso e, nella nostra società post-industriale, anche la gestione dell'emergenza non sfugge al dovere di informazione verso i mass-media, soprattutto quando vengono coinvolte persone straniere, per cui risulta determinante garantire un flusso informativo bidirezionale fra le diverse ambasciate/consolati e le strutture di direzione dei soccorsi.
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In effetti, la capacità di veicolare informazioni attendibili e frequenti è un fattore critico di successo del victims-management.
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Del resto, visto che queste organizzazioni di soccorso hanno dei costi elevati, solamente in occasione di eventi come questi i loro organi direzionali possono avere il ruolo di protagonisti e a nessun manager sfugge quanto sia importante per il futuro della stessa organizzazione sfruttare al massimo l'attenzione dei media.
Una completa, periodica e frequente comunicazione ai mass-media, accompagnata dalla distribuzione puntuale di dati aggiornati sul bilancio delle vittime e sulla loro identificazione, contribuisce in maniera determinante nel creare uno spirito di collaborazione fra le popolazioni direttamente colpite e quelle indirettamente interessate, orientando positivamente l'opinione pubblica e favorendo la solidarietà internazionale.
Nel caso di un attacco terroristico, come quello dell'11 settembre, possiamo ritrovare tutti questi elementi, resi ancora più esasperati e critici dalla rabbia e dalla reazione patriottica scatenatesi nella popolazione colpita così duramente.
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All'indomani dell'11 settembre questi sentimenti divennero prevalenti, anche in virtù dell'indiscusso significato simbolico dei luoghi colpiti.
L'11 settembre sono stati colpiti degli edifici ed uccise migliaia di innocenti, ma si è voluto soprattutto colpire in modo simbolico il cuore commerciale e militare degli Stati Uniti.
Probabilmente sarebbe stato colpito anche un simbolo politico, se UA93 non fosse caduto a Shanksville.

Non è un caso che nella percezione popolare la tragedia di UA93, prima dell'uscita del film celebrativo hollywoodiano, fosse spesso passata in secondo piano rispetto alle vittime del Pentagono e del World Trade Center.
Quando i luoghi colpiti da un attacco terroristico sono simbolici, anche le vittime in questi luoghi diventano dei simboli, su cui si concentra l'attenzione della popolazione e, purtroppo, anche la propaganda degli attentatori e delle autorità politico-militari del Paese colpito.

Così, se per tutti fu ben chiara e facile l'associazione fra senso del dovere e sacrificio per le vittime del Pentagono e fra i first-responders del World Trade Center (pompieri, poliziotti, sanitari ma anche molti volontari che accorsero per moto spontaneo), più difficile fu innalzare a simboli le vittime di Shanksville.
La propaganda si impadronì per prima delle vittime del volo UA93, laddove l'aspetto esortativo racchiuso nella frase "Let's roll" prevalse su tutto il resto e divenne uno slogan rivolto all'intera nazione frustrata dall'evento luttuoso.
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L'aspetto importante è che queste povere vittime, nel riscattare col sacrificio personale il loro onore e quello dell'intera nazione, divennero dei simboli degli Americani che si oppongono al terrorismo.
La fiera resistenza del volo UA93 ai terroristi determinò la caduta anticipata dell'aeroplano in aperta campagna, evitando un nuovo attacco terroristico.

Per queste vittime, caricate anche di significati ideali, non furono risparmiati sforzi per giungere in tempi medio-brevi alla loro identificazione.
Il non fornire risposte adeguate in questa fase sarebbe stato percepito dalla stragrande maggioranza della popolazione come una prova conclusiva di inefficienza.

E' quindi chiaro che le vittime sono la più forte ed evidente concretizzazione dell'evento criminale e anche nella loro gestione deve esserne tutelata la dignità ed il rispetto.
Non è retorica affermare che la prima forma di rispetto è proprio compiere ogni sforzo per dare un nome ad ogni corpo, ad ogni resto che possa essere reso ad una famiglia.
Se il dolore per la morte di un proprio caro è di per sè incommensurabile, ancora maggiore è il senso di sconforto che si abbatte su chi non ha nemmeno una tomba su cui piangere.

Purtroppo non sempre è possibile giungere ad una completa identificazione e nel crollo delle Torri Gemelle numerose persone scomparvero senza lasciare praticamente traccia, tale fu la violenza delle offese che si abbatterono su quei poveri corpi.
Identificare ogni cadavere divenne innanzitutto un dovere morale e civile, quindi una sfida tecnico-scientifica che impegnò il meglio delle risorse tecnico-scientifiche nel campo dell'identificazione forense.

Leggendo gli articoli della stampa, si potrebbe restare colpiti dal fatto che a distanza di tempo vennero ritrovati centinaia di minuti resti ossei di vittime sul tetto di un edificio posto in prossimità delle Torri Gemelle, ma ciò non deve sorprendere o essere interpretato, come qualcuno in mala fede ha fatto, come una prova di scarsa attenzione per le vittime: la realtà è che questi brandelli, delle dimensioni variabili da alcuni millimetri a pochi centimetri, si mischiarono a detriti e polvere, perdendo l'apparenza di ciò che in realtà erano, e vennero dilavati sia dall'azione delle violente piogge che colpirono Ground Zero che dall'azione degli idranti.

Portati dal flusso di acqua, queste parti scomparvero alla vista e si concentrarono in prossimità dei canali di scolo, ove restarono finchè non vennero alla luce in seguito a nuove ispezioni e a lavori di manutenzione
Nonostante la specializzazione delle squadre forensi, il lavoro sulla zona della tragedia venne compiuto in massima parte da soccorritori che non avevano dimestichezza con questo tipo di resti, per cui ritengo che episodi come quello descritto non possa in alcun modo gettare ombre sull'operato dei soccoritori e delle autorità preposte.

A mio parere questi episodi ed altri che dovessero emergere, sono lo scotto da pagare alle dimensione della tragedia.
Tutto questo non deve scandalizzare ma non deve nemmeno essere strumentalizzato al fine di insinuare dubbi laddove sarebbe opportuno che politica e interesse personale non dovessero mai giungere a gettare fango.

E' un fatto che nei luoghi in cui avvengono tragedie e lutti restino le tracce biologiche di queste vicende; nella nostra realtà quotidiana abbiamo ogni giorno delle verifiche: incidenti stradali, ferroviari, morti sul lavoro e fatti di cronaca nera.
Chi, come il sottoscritto, ha avuto modo di assistere ad episodi di questo genere, sa che normalmente si provvede con idranti a lavare le pozze di sangue lasciate sull'asfalto oppure a pulire le facciate delle case da resti più o meno evidenti di origine biologica lasciati dall'azione di esplosioni e ciò non deve affatto scandalizzare, perchè avviene quotidianamente e non sarebbe possibile gestirlo in modo diverso.

Questo materiale, dilavato, viene smaltito attraverso il sistema fognario urbano e nessuno si scandalizza per questo, quindi trovo del tutto ingiustificato e francamente vergognoso montare campagne scandalistiche sui soccorsi a Ground Zero senza tener conto di queste evidenze.

Questo articolo è il primo che dedico alle vittime degli attacchi dell'11 settembre e a coloro che ne raccolsero e riordinarono i resti mortali.
In questo e nei prossimi post cercherò di fare il possibile per rendere più comprensibili alcuni argomenti particolarmente tecnici che consentano a chi mi legge di farsi una propria opinione in merito ad alcune delle domande che i "complottisti" pongono sull'identificazione delle vittime.
Questa operazione delicatissima venne effettuata su corpi meccanicamente e termicamente devastati nel corso degli attacchi e credo che sia doveroso fornire qualche elemento in più che consenta anche solo di avvicinarsi ad una più profonda comprensione dell'operato delle squadre forensi.

Non dobbiamo dimenticare che queste squadre operarono letteralmente per mesi a contatto con la morte, immerse nelle sue manifestazioni più orribili ed evidenti.
Carne bruciata, decomposta, odore di morte dappertutto basterebbero a mettere a repentaglio l'equilibrio delle persone più forti fra noi.

Sono fermamente convinto che questi uomini e donne meritino solamente gratitudine da parte nostra per il loro operato e trovo francamente vergognoso, ripeto vergognoso, che si possano avanzare dubbi sull'onestà etica del loro operato.

In particolare, in questo primo articolo mi occuperò delle diverse tecniche di identificazione delle vittime dei "Mass Fatality Incidents", per poi passare ad approfondire lo specifico dell'analisi del DNA e degli sviluppi tecnico-scientifici che proprio la dimensione del disastro del World Trade Center impose all'attenzione degli esperti.

Un post, per me particolarmente doloroso, sarà invece dedicato ai suicidi dalle Torri Gemelle da parte di coloro che non ebbero altra scelta che anticipare il momento della morte per evitare più atroci sofferenze.

- CONSIDERAZIONE INTRODUTTIVA -
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Prima di entrare nel merito degli aspetti tecnici, sento il bisogno di spiegare la mia scelta di accompagnare questi articoli con immagini particolarmente forti.
Preciso immediatamente che si tratta di tutte immagini già pubbliche, alcune famose, altre meno conosciute, ma tutte riferite all'attacco dell'11 settembre.
Ho ritenuto di nascondere l'identità di vittime e soccorritori e di mascherare nelle immagini i particolari più macabri, che non avrebbero aggiunto niente al discorso di base.
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In queste immagini, che vi prego di valutare facendo uno sforzo per non essere coinvolti emotivamente, voglio evidenziare il reale stato di reperimento dei resti e le difficoltà in cui si svolse l'azione delle squadre specializzate che si trovarono ad operare in quel contesto drammatico.
Una seconda importante considerazione che nasce dalle immagini è la valutazione della tipologia e dello stato di conservazione dei resti con cui i patologi dovettero confrontarsi nella loro opera di identificazione.
 
Alcuni studiosi hanno definito l'attacco dell'11 settembre un "mega-MFI", sia per le dimensioni della tragedia in termini di vittime, che, soprattutto, per la variabilità della tipologia della devastazione dei corpi delle vittime, in cui si sovrapposero effetti dinamici di impatti, incendi, esplosioni, crolli di edifici e dilavamento dei resti con acqua e sostanze chimiche.
Lo sforzo compiuto l'11 settembre da questi uomini non ha precedenti nella storia e non è ancora terminato oggi, a più di sei anni dall'accaduto.

Si parla spesso delle vittime dell'11 settembre, ma pochi sanno veramente cosa significhi essere testimoni di queste tragedie, vedere cosa accade ad un corpo umano quando contro di esso si accaniscono offese meccaniche, bariche e termiche.

Con questi articoli vorrei dare dignità alle vittime e far capire a chi legge che un corpo può anche scomparire, andare letteralmente in pezzi che non risultano rintracciabili, come è successo ai molti dispersi delle Twin Towers.
Queste immagini, crude ma reali, ci dicono che le vittime furono uomini come noi e che è un dovere etico, prima che investigativo, procedere alla ricomposizione dei resti e affidarli alla misericordia dei familiari.
Lo dobbiamo alle loro famiglie.
Riconoscere il lavoro immane svolto dai soccorritori, molti dei quali divennero a loro volta vittime degli effetti nocivi delle sostanze inalate a Ground Zero, è invece un nostro preciso dovere, comunque la si pensi sui mandanti della strage.
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- TECNICHE DI IDENTIFICAZIONE DELLE VITTIME DEI "MFIs" -
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Il primo compito di una squadra operativa in operazione di "search and recovery" è di tracciare una mappa della zona del disastro, su cui identificare tramite griglie i settori di ritrovamento dei corpi (l'adozione di strumentazione GPS non ha soppiantato l'utilizzo delle mappe, ma ha facilitato l'operazione di raccolta dei dati ed il loro immagazzinamento elettronico in un data base geografico).

Nel caso di disastri in zone fortemente urbanizzate, come nel caso di New York, la griglia deve essere tridimensionale.

Oltre alla mappatura, il team deve raccogliere adeguata documentazione fotografica e video delle condizioni originali in cui si trova il settore assegnato per la ricerca (foto aeree, immagini grandangolari e documentazione di ogni situazione sia ritenuta importante per l'accertamento dei fatti in sede investigativa, oltre che documentazione fotografica specifica dei resti ritrovati, prima, durante e dopo la fase di recupero); nelle immagini devono essere presenti dei punti di riferimento la cui posizione deve essere tracciata sulle mappa, oltre ad indicazioni di misure effettuate in loco, con registrazione degli orari di ripresa e delle generalità di chi effettua i rilevamenti.

Ogni reperto, che siano i resti di una vittima o i suoi effetti personali, devono essere documentati, individuata la loro posizione sulla mappa e univocamente catalogati, tramite un numero di reperto, per essere poi inviati all'obitorio ("morgue"); di ciascun reperto deve essere archiviato anche la matricola univoca del soccorritore che provvede al recupero.
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Ogni team di "search and recovery" deve costituire una zona di triage in posizione protetta, dove viene effettuata una prima valutazione dei reperti prima del loro eventuale invio alla "morgue"; è importante ricordare che a volte, come nel caso dl World Trade Center, l'opera degli specialisti patologi è complicata anche dalla presenza nella scena del reato di resti organici riconducibili ad animali o addirittura a depositi di alimenti.

Nello specifico, a Ground Zero operarono come esperti forensi anche veterinari, che avevano lo specifico compito di accertare l'origine animale dei reperti, per poterli separare dai resti umani; la presenza di ristoranti e cucine nelle Torri crollate complicò enormemente il lavoro di queste squadre, perchè lo stato dei corpi delle vittime, molto spesso, era tale da non essere direttamente identificabile come umano dai soccorritori.
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- ANALISI ANTROPOLOGICA FORENSE -
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La presenza di specialisti in antropologia forense è necessaria per il riconoscimento e per la corretta catalogazione dei resti umani, specialmente se i resti sono particolarmente deteriorati, come accade in presenza di incendi e di impatti o esplosioni.

In pratica, il compito principale dell'antropologo forense è quello di tracciare un profilo biologico della vittima (comprensivo di gruppo sanguigno, colore dei capelli, degli occhi e della pelle, peso e altezza, età presunta e sesso), da utilizzare in fase di associazione dei resti con l'elenco nominativo delle vittime.
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Sempre allo specialista di antropologia forense spetta il compito di provvedere alla rilevazione del grado di frammentazione dei reperti e di disporre per la loro adeguata conservazione in vista delle successive analisi di cui saranno oggetto.

Nei limiti del possibile, è l'antropologo forense a provvedere ad una prima ripartizione dei resti per individuo, associando i diversi reperti seguendo criteri anatomici o di evidenza (per esempio presenza di vestiti con stoffe omogenee o di calzature complementari su arti inferiori staccati dal tronco, come nel caso dell'immagine precedente).

La semplice vicinanza spaziale di reperti in fase di recovery non deve invece essere mai assunta come evidenza di appartenenza al medesimo individuo.

Come detto. dall'analisi dei resti, l'antropologo forense deve, ove possibile, stabilire il sesso, il range d'età, le caratteristiche razziali delle vittime e i dati specifici come altezza e presenza di particolari patologie o segni caratteristici che potrebbero aiutare nell'identificazione (per esempio la presenza di tatuaggi o cicatrici rimarginate, anomalie patologiche come precedenti interventi chirurgici o fratture guarite alle ossa), così come disporre per eventuali analisi tossicologiche per rilevare presenze di principi attivi legati a particolari cure o uso di droghe.

Tutti questi accertamenti, oltre all'analisi degli effetti personali presenti negli abiti (tessere di identificazione, carte di credito, monili o piastrini di riconoscimento, qualunque cosa venga reperita sul cadavere) devono essere svolti con particolare attenzione alla conservazione della custodia legale, per cui ogni operazione deve essere debitamente documentata e registrata, così come le generalità di chi la effettua, per essere conservata nel data base delle pratiche.

E' sempre l'antropologo forense che richiede l'effettuazione di ulteriori esami sui reperti se le informazioni da lui raccolte non consentono di giungere ad una identificazione univoca, partecipando attivamente e/o assistendo all'effettuazione degli stessi, in particolare alla fase di prelevamento dei campioni tissutali da cui estrarre il DNA, alla fase di lettura delle radiografie fatte sul cadavere, all'effettuazione dei rilievi dentali e all'analisi autoptica del coroner per l'individuazione dei traumi subiti ante-mortem e di quelli post-mortem.

L'antropologo forense è quindi la figura di specialista che ha competenze multidisciplinari e che, presidiando l'area di triage della "morgue", provvede alla gestione e smistamento dei reperti.

Nello specifico del World Trade Center, assieme agli antropologi lavorarono anche specialisti di veterinaria, il cui compito era di separare il materiale biologico animale da quello umano, tenendo traccia del loro operato, secondo gli ormai noti procedimenti di documentazione.
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- ANALISI DEL DNA -
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E' un esame basato sul confronto di profili col campione in esame, per cui necessita di una banca dati su cui effettuare la ricerca (per esempio, campioni biologici prelevati ai familiari oppure materiale di archivio della stessa vittima, come sangue prelevato alla nascita per screening delle malattie metaboliche, campioni biologici provenienti da biopsie o altro materiale biologico congelato, come sacche di sangue e seme, capelli e peli presi da pettini e rasoi elettrici, cellule provenienti dal cavo orofaringeo rintracciate su spazzolini da denti, PAP test e sangue catameniale prelevato da indumenti intimi).


Data la sua importanza nei processi di identificazione delle vittime dell'11 settembre, la tecnica di esame del DNA su cadaveri deteriorati è oggetto di uno specifico articolo.

A questo livello ci basta sapere che questo accertamento consente, tramite l'esame della mappa genetica, di giungere ad una identificazione univoca dell'individuo e di poter raggruppare i diversi resti, altrimenti non riconoscibili, all'individuo stesso.
Il suo valore è accettato come prova a livello giudiziario.
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E' importante chiarire che la decisione a monte di ogni operatività sul materiale genetico, cioè se limitarsi ad identificare ogni singolo individuo oppure procedere all'analisi di ogni singolo reperto che giunge alla "morgue" - stabilendo, nel caso, limiti sulle dimensioni del reperto da sottoporre ad analisi - è una responsabilità del coroner incaricato dell'indagine sui reperti e impatta in maniera determinante sul lavoro di laboratorio, oltre che sui costi dello stesso e sui tempi di espletamento.

E' chiaro che una scelta del genere non può essere affidata all'arbitrio, ma risente di tutto quanto ho già illustrato precedentemente.
Il coroner, in collaborazione con i laboratori che materialmente eseguono l'analisi, stabiliscono il tipo di esame che dovrà essere condotto, cioè la tecnologia dei marcatori da utilizzarsi per provvedere al confronto dei profili genetici, stilando comunque un master plan delle operazioni, in cui dovranno essere fissati i riferimenti temporali entro cui i laboratori dovranno restituire i risultati.

Il mancato rispetto di queste scadenze potrebbe avere seri impatti sul lavoro complessivo di identificazione, specialmente nel caso di un numero elevato di reperti e di vittime, per cui il coroner deve attivarsi per provvedere ad assicurare l'intervento di risorse aggiuntive (laboratori e specialisti), in grado di svolgere parte del lungo lavoro di analisi, ovviamente sempre nel rispetto della catena di custodia dei reperti.

A tal fine, è determinante la condivisione fra i diversi laboratori della base dati elettronica in cui sono immagazzinati i dati dei campioni, che costituisce parte integrante del LIMS, il "Laboratory Information Management System".
In merito ai prelievi dei campioni per l'analisi, da effettuarsi con la collaborazione degli antropologi forensi, l'ordine di preferenza è il seguente:

  • sangue;
  • tessuti molli: muscoli scheletrici profondi, organi e pelle;
  • tessuti duri: ossa e denti.
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- ANALISI DATTILOSCOPICA -
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L'esame delle impronte digitali, più raramente del palmo della mano e del piede, è la prima tecnica diffusasi storicamente per l'accertamento dell'identità umana.

Al giorno d'oggi questa tecnica rientra nel campo più allargato dei metodi biometrici, basati sul rilevamento e misura di caratteristiche biologiche univoche di ciascun individuo.
Il metodo si presta ad un uso diffuso anche con strumenti elettronici, al punto che la verifica delle impronte digitali è divenuta anche un semplice metodo per il controllo degli accessi fisici (gabbie di ingresso a doppio battente con sensore di rilevamento delle impronte digitali) ed informatici (unità esterne di lettura delle impronte digitali su pc per l'accesso al sistema) .

In realtà il vincolo maggiore per la loro diffusione è la sicurezza di questi dati sensibili, per cui sempre più numerose sono le proteste delle associazioni di consumatori all'utilizzo di tali strumenti in ambito commerciale, per esempio presso gli sportellli bancari.

Alla stessa categoria appartengono i sistemi basati su verifica della retina e della voce.

Da un punto di vista forense, il sistema dattiloscopico, basato sull'individuazione di un determinato numero di positività fra l'impronta campione e quelle utilizzate per il confronto, è ormai ben rodato e diffuso in ambito giudiziario, potendo contare su banche dati con buon livello di capillarità e mantenute aggiornate da sistemi centralizzati affidati alle forze dell'ordine e alle forze armate.
In particolare ricordo il sistema AFIS, "Automated Fingerprint Identification System", che consente ricerche incrociate su diverse basi dati in modo completamente automatizzato.
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La difficoltà, ovviamente, consiste nell'avere dei campioni post-mortem da poter sottoporre a confronto. Nell'immagine sovrastante, scattata per le vie di New York in occasione dell'attacco dell'11 settembre, siamo di fronte ad un caso certamente particolare, ma non così insolito come si potrebbe pensare in un primo momento.

Nella cronaca nera sono numerosi i casi di cadaveri rinvenuti con mani e piedi amputati, proprio per ritardare il loro riconoscimento e, ovviamente, altrettanto numerosi sono i casi in cui vengono ritrovate le parti amputate.

Nel caso di attentati terroristici e di impatti, il distacco degli arti è un evento piuttosto comune.
La difficoltà principale nel caso della disponibilità di un campione post-mortem da confrontare, lavorando su una lista di persone disperse, è quello di recuperare le impronte ante-mortem da poter confrontare e anche in questo caso l'indagine investigativa può portare un contributo determinante.

Normalmente vengono ispezionate le abitazioni delle vittime alla ricerca di impronte digitali, che certamente non mancano, così come gli autoveicoli ed i posti di lavoro.
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Il problema fondamentale di questa tecnica è che richiede dei resti rlativamente ben conservati nelle parti da utilizzare per la verifica, cosa che difficilmente avviene nel caso di incendi ed esplosioni, anche se con particolari tecniche e l'uso di sostanze chimiche è a volte possibile prelevare le impronte digitali anche da cadaveri bruciati.
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- ANALISI RADIOLOGICA -
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Il servizio di radiologia forense è ancillare a tutte le altre tecniche nel condurre analisi sui resti, ma svolge un suo ruolo specifico nell'analisi di lastre radiografiche ante-mortem con quelle post-mortem.

E' certamente una specializzazione estremamente importante di cui poter disporre nel più breve tempo possibile dall'evento scatenante, dato che richiede apparecchiature e attrezzature di supporto che ormai sono disponibili anche in configurazioni mobili di rapido spiegamento.
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- ANALISI ODONTOLOGICA FORENSE -
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Il riconoscimento dell'identità attraverso l'analisi odontologica è una tecnica avente valore legale e che si è affermata fra le più importanti ed efficaci nel caso di eventi come incidenti aerei ed esplosioni seguite da incendi.
I denti, per loro natura, sono in grado di resistere ad elevate temperature e forniscono discreta protezione termica ai tessuti in essi contenuti; per questo motivo sono spesso una fonte preziosa di DNA.

L'analisi della dentatura, in presenza di radiografie ante-mortem, fornisce identificazione certa.
Lo specialista in odontologia forense deve curare la descrizione della dentatura della vittima, che compare anche nella scheda DVI internazionalmente condivisa, per facilitare e standardizzare il riconoscimento di identità.

Il compito principale dello specialista odontologico nella missione di "search and recovery" è quello di prendersi particolare cura del cranio delle vittime, per evitare cadute di denti durante le operazioni di rimozione dei resti: per questo motivo deve documentare immediatamente lo stato della dentatura, registrandone le caratteristiche e prendendo fotografie il più esaustive possibili.
Durante gli esami alla "morgue" deve cercare ogni evidenza di denti caduti ispezionando, anche con tecniche radiologiche, l'intero corpo della vittima.

La disponibilità, ormai abbondante, di lastre dentali conservate negli archivi dei dentisti fornisce materiale prezioso per l'identificazione delle vittime, sempre potendo però contare su una lista di nominativi di potenziali vittime, come nel caso di un volo aereo o di edifici con accesso controllato.

Nel caso del Pentagono, dove dal 26 settembre 2001 la responsabilità della custodia del luogo dell'attentato passò dal FBI ai militari, gli odontologi forensi, comandati dal colonnello Charles Pemble dell'aviazione americana, utilizzarono per il loro lavoro il software WIN ID, che consente il confonto fra ortopantomografie ante-mortem e le radiologie post-mortem.

Il lavoro di questa squadra durò circa un mese e portò all'identificazione di 65 vittime.
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- CONCLUSIONI -
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La gestione dei MFIs è purtroppo una necessità che deve essere attentamente valutata e che richiede personale esperto ed addestrato, oltre che specialisti delle diverse discipline ed una organizzazione di primo ordine per garantire l'espletamento di tutti i compiti.

Nonostante gli enormi sviluppi tecnici e l'abnegazione dei componenti delle squadre, molto resta ancora da fare.

La tragedia dell'11 settembre ha dato un notevole impulso allo sviluppo di nuove tecniche di analisi genetica e di software specializzato per il confronto dei dati biologici, ma nonostante tutti gli sforzi e l'uso delle tecniche descritte, per cinque vittime del Pentagono (due dell'esercito, due della marina ed un passeggero di AA77) non fu comunque possibile giungere ad una identificazione univoca tramite l'analisi dei soli resti (costoro vennero in seguito identificati tramite prove indirette), mentre al World Trade Center di molte vittime non fu possibile recuperare resti.

In questo post ho voluto ricordare le vittime ma anche sottolineare l'opera delle squadre della DMORT, che svolsero un lavoro duro, immersi per mesi nel terribile lavoro di identificazione dei resti.

Indirettamente ho voluto anche dare una risposta alle vergognose insinuazioni di chi intenderebbe negare persino l'esistenza di alcune di queste vittime, sostenendo che i quattro aerei dirottati non esistevano...
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Dossier " LE VITTIME DELL'11 SETTEMBRE "
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