Effetti dell'incendio nei tunnel: il caso del tunnel del Gottardo

di Enrico Manieri - Henry62

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Uno degli argomenti che spesso vengono spacciati come prova di una demolizione controllata dei grattacieli del World Trade Center, da parte dei cosiddetti "complottisti", è la presenza di elevate temperature ed incendi, durati mesi, nei sotterranei del complesso.

Paradossalmente, proprio l'elemento delle alte temperature viene visto da molti come particolarmente "sospetto", con la motivazione che gli incendi sotterranei, non avendo ricchezza di comburente, non avrebbero potuto sviluppare temperature elevate, ma la realtà, come spesso capita, è ben diversa dalla semplice intuizione .
La mancanza di ventilazione è il motivo principale per cui gli incendi sotterranei sviluppano temperature mediamente più elevate dei comuni incendi che avvengono in superficie.
Premesso che in nessuna demolizione controllata si trovano poi zone ad alta temperatura che durano per mesi, nonchè incendi che di fatto hanno continuato a bruciare per settimane senza alcuna possibilità di intervento diretto per eliminare i focolai, la giustificazione delle temperature elevate è, di volta in volta, attribuita, secondo logiche che tendono più a trovare spiegazioni "comode" ad ipotesi pre-costituite che non a verificarne i fondamenti fisici nel mondo reale, alla presenza di esplosivi o di thermite.
In entrambi i casi, si tratta di evidenti forzature logiche, che non hanno alcuna possibile evidenza fisica; gli esplosivi per demolizioni sviluppano certamente calore, ma come effetto secondario, inutile per la demolizione; la distruzione degli elementi strutturali è ottenuta dalle onde di pressione, che superano localmente la resistenza dell'elemento che si deve demolire, provocandone il collasso.
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I tempi in cui si sviluppano queste energie sono estremamente brevi, cioè, in altre parole, pur con energie tutto sommato di limitata entità in valore assoluto, si hanno elevatissime potenze.
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I tempi brevissimi impediscono che le strutture demolite possano accumulare calore, dato che i tempi di propagazione del calore sono di gran lunga superiori a quelli dei fenomeni meccanici e termici prodotti dall'esplosione.
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Nel caso, invece, dei miscugli incendiari, come la thermite, il presupposto di alcune scuole di pensiero complottiste è che il miscuglio sia bruciato progressivamente nel tempo (ipotesi fantasiosa, la cui non corrispondenza con la realtà è verificata quotidianamente da chi si occupa professionalmente di alluminotermica, visto che la reazione termitica non è controllabile o modulabile una volta innescata), continuando a fornire calore per lunghi periodi di tempo, mentre per altri sostenitori di teorie alternative, la thermite avrebbe provocato il cedimento termico delle colonne portanti, creando una zona ad altissima temperatura, che poi è stata successivamente sepolta ed isolata dalle macerie stesse.
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Inutile ricordare che:
  • nessuna demolizione controllata è mai stata fatta con l'uso di sostanze incendiarie;

  • nessun edificio dell'altezza delle Twin Towers è mai stato demolito in modo controllato;

  • non esistono cariche cave da taglio per demolizione capaci di tagliare lo spessore di acciaio delle colonne alla base del core delle Torri Gemelle (ricordiamo, fra l'altro, che alcune di queste colonne avevano un'anima interna di irrobustimento, che comunque non avrebbe potuto essere tagliata con metodi tradizionali di demolizione).
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Comunque sia, il dato certo è che questi incendi, i più duraturi nella storia dei cedimenti strutturali, hanno imperversato per mesi, trovando alimentazione nel materiale combustibile presente nelle macerie e nei sotterranei di Ground Zero (in cui, è bene ricordarlo, erano presenti centinaia di autoveicoli nei parcheggi sotterranei e magazzini dei negozi della zona commerciale del Concourse e del Mall), alimentati dall'ossigeno proveniente dai tunnel ferroviari della metropolitana e del PATH, collocati al livello più basso del catino costituito dallo slurry-wall.
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Di fatto, quindi, non bisogna stupirsi se nessuna delle ipotesi proposte dai complottisti trova sostegno fra gli addetti ai lavori, dato che per ciascuna affermazione, per quanto suggestiva, si devono sempre trovare precisi riferimenti che ne documentino e provino l'uso, evidenze che ad oggi restano del tutto assenti.
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Gli incendi di Ground Zero non furono altro che casi particolarmente estesi, di difficilissima gestione nell'emergenza dell'attentato e nel contesto specifico dei rischi di crollo presenti a Ground Zero, di normali incendi sotterranei.
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Basta fare delle elementari ricerche in rete per trovare conferma e documentazione di enormi incendi che proseguono da anni in miniere di carbone, anche ad elevata profondità, alimentati semplicemente da aria tellurica, cioè dall'aria che filtra dalla superficie terrestre (si veda, per esempio, qui o qui).
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Nello specifico, per restare in un ambito che tutti possiamo valutare, credo possa essere di qualche interesse valutare invece il comportamento degli incendi nei tunnel, dato che questi sono gli eventi che più si avvicinano, nella realtà quotidiana, a ciò che realmente avvenne nel sottosuolo di Ground Zero.

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- Gli incendi nei tunnel -

In tempi recenti si è parlato degli incendi nei tunnel per le circostanze tragiche che hanno provocato numerose vittime, sia in gallerie stradali che in tunnel ferroviari, come nel caso del Gottardo, del Tunnel della Manica, del Traforo del Monte Bianco e di altri episodi, meno noti, ma non per questo meno importanti per lo studio degli eventi.

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In alcuni casi, gallerie stradali dismesse sono diventate degli importantissimi laboratori in cui effettuare test reali di incendio, sia per il rilevamento empirico di dati per lo studio dell'evoluzione fisica del fenomeno (rilevazione curve temperature vs. tempo), che per la prova di installazioni sperimentali antincendio (per esempio la tecnologia di isolamento del focolaio di incendio a mezzo del cosiddetto "muro d'acqua") e dei nuovi materiali destinati ad elevare gli standard di sicurezza per gli utenti di queste importanti ed insostituibili strutture (per esempio, si veda il caso dei test eseguiti dalla Autostrada del Brennero, qui).

- Le curve di incendio: tipologie ed analisi della relazione temperatura vs. tempo -

Le curve di incendio descrivono l'evoluzione delle temperature dell'incendio al passare del tempo, e vengono utilizzate per dimensionare gli elementi resistenti, oltre che per fornire stime sui valori delle temperature che possono essere utilizzate dagli esperti della sicurezza per il collaudo dei materiali refrattari.

Di fatto, le curve definiscono dei modelli di stima, basati su dati empirici, che rappresentano tipologie definite di incendi.

Vediamo brevemente le principali curve ed i parametri di utilizzo nella comune esperienza di progetto.

- La curva di incendio di materie cellulosiche (curva ISO 834) -

E' la curva utilizzata comunemente per simulare gli incendi degli edifici civili ed è teoricamente rappresentativa di un normale incendio di sostanze cellulosiche in normali condizioni di ventilazione, anche se è ormai considerazione condivisa che in realtà non rappresenti un incendio reale, sebbene possa fornire indicazioni verosimili sull'evoluzione delle temperature seguenti il flash-over.

Non può essere utilizzata per il caso dei tunnel.

In Italia la curva standard degli incendi prevede temperature maggiori in valore assoluto ed un legame temperatura - tempo più critico per la prova dei materiali antincendio.

Il suo andamento è stato definito dalla Circolare n. 91 del 14 settembre 1961 emanata dal Ministero dell'Interno, Direzione Generale dei Servizi Antincendi, che riporto:

- La curva di incendio da idrocarburi -

E' la curva che approssima l'evoluzione di un incendio di piccoli serbatoi di liquidi infiammabili (ad esempio benzina).

Come nel caso della curva ISO 834, non rappresenta l'evoluzione reale di un incendio, ma è essenzialmente un modello standardizzato per la classificazione delle caratteristiche di resistenza dei materiali e l'esecuzione di prove per la creazione di serie storiche standard confrontabili.

- La curva di incendio da idrocarburi modificata (curva HCM) -

Si tratta di una curva che deriva da quella dell'incendio di idrocarburi, modificata per essere più aderente alla realtà degli incendi in cui vengono coinvolti fluidi (liquidi o gas) infiammabili; è adottata da alcuni Paesi come curva standard di collaudo dei tunnel (per esempio in Francia), perchè prevede condizioni di temperatura più critiche per i materiali.

Si tratta di un modello standard che cerca un compromesso fra le situazioni reali e i casi di test, garantendo un elevato livello di sicurezza nei risultati delle sperimentazioni e dei collaudi.

- La curva di incendio RABT ZTV -

E' una curva che ha, per le fasi dei minuti iniziali, un andamento veloce di crescita delle temperature, come avviene in realtà, per poi attestarsi a 1.200°C fino a 30 minuti e quindi diminuire in modo lineare fino alla temperatura ambiente dopo 140 minuti dall'inizio dell'incendio.

E' la curva tipica che viene utilizzata per rappresentare gli incendi dei tunnel ferroviari, risultando però del tutto inadatta al caso dei tunnel stradali, in presenza di liquidi infiammabili.

Sottostima in modo pericoloso le temperature, per cui è accettata in un numero limitato di nazioni.

- La curva RWS o UNI 11076 -

Si tratta della curva di incendio adottata anche in Italia nel dicembre 2003 ("Modalità di prova per la valutazione del comportamento di protettivi applicati a soffitti di opere sotterranee, in condizioni di incendio") e nella maggior parte delle nazioni evolute, caratterizzata da una migliore rappresentazione della relazione fra temperatura e tempo rispetto ai casi reali di incendio nei tunnel.

Ad un rapida salita delle temperature nei primi istanti, segue un andamento di lenta discesa non lineare, con valori normalmente tabellati fino ad un periodo di 120 minuti dall'inizio dell'incendio.

Questo limite tecnico di 2 ore di andamento temporale è basato sulla convinzione che solo eccezionalmente gli incendi possano avere durata maggiore, ma la realtà dei fatti spesso ha smentito questa ottimistica previsione e già Svizzera ed Austria hanno esteso almeno a 180 minuti l'andamento della curva.

Come detto, è attualmente la curva che meglio rappresenta gli incendi nei tunnel, anche se la realtà di alcune tragedie come gli incendi del Traforo del Monte Bianco e del Gottardo hanno dimostrato che anche questi valori di temperatura nel tempo sono sottostimati.

- Alcune considerazioni sugli incendi di Ground Zero -

Assumendo la curva RWS-UNI-11076 come modello di evoluzione delle temperature nel tempo per gli incendi di Ground Zero, è del tutto evidente che è perfettamente lecito, anzi, probabilmente errato per difetto, ammettere la presenza di temperature superiori ai 1.300 °C nei piani sotterranei del World Trade Center.

All'interno dei parcheggi sotterranei erano presenti centinaia di autoveicoli, che da soli avevano il potenziale per sviluppare ed alimentare incendi colossali (serbatoi di benzina e olii combustibili, lubrificanti e materiali plastici derivati dal petrolio) ed oltre a questi combustibili, si sono concentrati, in particelle di dimensioni anche molto piccole, centinaia di tonnellate di materiali combustibili presenti nelle Torri sotto forma di mobili, archivi, rivestimenti, materiali per edilizia e di servizio, ricoperti poi da uno strato di polveri e macerie che ne hanno garantito l'isolamento dall'atmosfera e quindi la ridotta dispersione del calore.

Il quadro, già di per sè catastrofico, è stato ulteriormente reso drammatico dal tiraggio naturale di aria consentito dai tunnel presenti sotto le macerie, che hanno consentito condizioni ideali per incendi proseguiti per mesi.

Nonostante l'uso di tecniche avanzate di telerilevamento delle temperature, che, con l'aiuto fondamentale e determinante del DIG hanno guidato le squadre di spegnimento verso i punti di maggior pericolo, le temperature sotto lo strato di macerie si sono mantenute per settimane attorno ai 600-800°C.

Non deve stupire, quindi, la presenza di travi arroventate e di metallo fuso nei sotterranei (laddove per metallo si deve intendere alluminio e sue leghe, cioè metalli caratterizzati da basso punto di fusione, non certamente l'acciaio, come qualcuno vorrebbe far credere); del resto, le testimonianze dei pompieri parlano di centinaia di carcasse di autoveicoli bruciati ed appoggiati sui mozzi delle ruote, con pozze di metallo fuso al posto dei cerchi in lega.

Vediamo ora alcune immagini di un caso reale di incendio in un tunnel.

- Un caso reale: il tunnel del Gottardo -

Il 24 ottobre 2001, un terribile incidente provocato da mezzi pesanti procedenti in senso opposto, ebbe luogo nel tunnel stradale del Gottardo, seguito quasi immediatamente da un incendio che si è diffuso in modo violento per un tratto di circa 300 metri del tunnel.

Il luogo dell'incidente si trovava a circa 1,1 Km dall'ingresso Sud.

Il calore dell'incendio ha provocato il cedimento strutturale della volta del tunnel e le conseguenze dell'incendio (calore, gas tossici e fumi) hanno coinvolto un tratto di circa 2,5 Km in direzione Nord.

Nell'incendio divampato nel tunnel hanno trovato la morte 11 persone e sono rimaste ferite gravemente altre 8, con il coinvolgimento di 23 veicoli.

tutte le immagini provengono dal sito:

- L'incidente e l'incendio - .

- Viene spento l'ultimo focolaio d'incendio -

- Prima e dopo -

- Il cedimento strutturale della volta per effetto del calore elevatissimo -

- Ciò che resta del carico di copertoni e del camion che li trasportava -

. - Due nemici mortali in prossimità dell'incendio: il fumo ed i gas tossici -

- Calore, fumo e ceneri: l'aria, anche lontano dall'incendio, diventa presto irrespirabile -

- Le vittime -

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DOSSIER "EFFETTI DEGLI INCENDI"

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