Queste domande mi sono state poste da Bifidus
e pubblicate nel Maggio 2007 sul suo blog.
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Per sua gentile concessione, vengono riproposte
anche sul mio blog come FAQ di 11-Settembre.
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Approfitto della gentile disponibilità di Enrico Manieri, alias Henry62, che non necessita di presentazione alcuna per chi da anni in Italia si interessa di 11/9, per fargli una serie di domande a cui mille volte in altre sedi si sarà già risposto, ma senza per questo riuscire a fugare tutti i dubbi.
Bando perciò alle cerimonie ed ecco la prima domanda.
Domanda #1
Qual è l' atteggiamento di fondo dei gruppi di lavoro che si incaricano di smontare volta per volta le "tesi complottiste" rispetto al "9/11 Commission report" ?
Lo ritengono esauriente e inoppugnabile in ogni sua parte? (In caso contrario: quali sono le problematiche irrisolte e affrontate con sufficienza?)
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Risposta
Per altri non posso parlare, ma ti dico certamente quale é stata la mia esperienza personale.
Io ho iniziato a studiare l'11 Settembre quando Meyssan pubblicò il suo libro in cui sosteneva che al Pentagono non fosse mai caduto un aereo.
Siamo nel 2002: da allora ho cercato di acquisire ogni possibile documento in relazione all'attacco al Pentagono.
Sono così venuto in contatto con i sostenitori di teorie alternative, che ho trovato talmente slegati dalla realtà di una analisi condotta con metodo scientifico da non interessarmene più di tanto. Successivamente ho avuto occasione, come sai, di interessarmi pubblicamente delle vicende relative all'11 Settembre per il primo SpecialeTG1 condotto da Roberto Olla, in cui per la prima volta in Italia una rete nazionale, importante come RAI1, affrontava la discussione sul "mistero del Pentagono".
Per l'occasione la RAI aveva reperito nuovi documenti filmati inediti girati nella struttura colpita e interessanti interviste a parenti delle vittime e a tecnici impegnati nei lavori al Pentagono. Dopo la trasmissione, che mi vide sia ospite in studio che consulente per la sua preparazione, vidi le reazioni di alcuni siti italiani di sostenitori di teorie alternative e mi sembrò, allora come oggi, naturale incontrarli e parlarci.
Quindi in me non c'é alcuna intenzione di smontare niente, mi interessa però che chi parla di tecnica e scienza, lo faccia con criterio e non usi parole e termici tecnico-scientifici per spacciare teorie che con la scienza hanno poco o niente a che fare.
Personalmente non mi interessa assolutamente la teoria ufficiale, perché il mio approccio é comunque tecnico e come tale dedicato solamente agli aspetti che sono intimamente connessi con le mie specifiche conoscenze.
Ogni teoria é valida finché non se ne dimostri la non compatibilità.
Frequentando le discussioni su Luogocomune, sono venuto in contatto con la variegata galassia "cospirazionista", termine piuttosto sgradevole da utilizzare, ma che é entrato nel modo di dire comune.
Ipotesi fantasiose e veri e propri errori venivano ripetuti senza alcuna riflessione: penso che il problema principale di chi sostiene quetse teorie alternative sia il continuo rimettere in discussione punti fermi che, una volta dimostratisi validi, devono invece essere acquisiti ed utilizzati per validare il perimetro di applicazione delle nuove ipotesi di lavoro.
Faccio degli esempi per spiegare cosa intendo: non é un'opinione, ma un fatto che le caratteristiche meccaniche di un acciaio varino con la temperatura; non é un'opinione, ma un fatto che in un qualsiasi incendio domestico ci siano temperature di fiamma sopra i 1.000°C e temperature di fumo attorno ai 650°C: perché al WTC l'incendio non dovrebbe aver superato i 250°C, come ancora oggi affermano molti sostenitori di queste teorie, quando la temperatura di accensione di un foglio di carta é di 200°C?
All'inizio il dialogo é stato interessante, ma probabilmente qualcuno ha iniziato ad intuire che portare le persone a ragionare con la propria testa non sia bene, per cui iniziarono a manifestarsi atteggiamenti, nelle discussioni nei forum, di vero e proprio astio, con livelli di livore che non mi sarei mai aspettato.
Da questo cambio di marcia ho capito che il problema non era più di quali idee venissero proclamate, ma che il vero ostacolo era il dialogo che avevo intrappreso.
Chi pensa di dirigere questo movimento spontaneo di persone che chiedono verità e giustizia non può accettare che avvenga un dialogo pacato con chi non la pensa nello stesso modo, ed usa la carta dell'intransigenza per far cessare ogni rapporto, spingendo sull'acceleratore dell'arroganza.
Per questo motivo, quando mi é stato chiesto, ho deciso di partecipare ai lavori del gruppo Undicisettembre, che si é posto come obiettivo di smentire le ipotesi palesemente inconsistenti di chi, sfruttando il proprio carisma o altre caratteristiche della comuinicazione sociale, travisa la realtà dando una visione distorta dei fatti e, soprattutto, delle evidenze fisiche e tecniche.
In merito al rapporto della Commissione, personalmente lo ritengo un documento politico, non giuridico, frutto di compromessi come ogni documento politico e che non deve essere preso come base di alcuna ipotesi tecnica di spiegazione.Il mio approccio, ripeto, é tecnico: preferisco leggermi centinaia di pagine dei report Nist, piuttosto che un capitolo del rapporto della Commissione. Sono critico nei confronti del rapporto?
Probabilmente si, in realtà non lo considero affatto un elemento su cui poter capire cosa é successo quel giorno nei luoghi in cui sono stati compiuti dei reati oggettivamente tra i più efferati mai compiuti.
Per riassumere brevemente, il rapporto si interessa al "chi" ha compiuto l'attacco, io sto invece cercando acora di capire "come" é avvenuto.
Questi due piani, diversi, sono spesso fraintesi dai complottisti: qualcuno ha già deciso il "chi" e non si pone troppi problemi sul "come", per cui nascono ipotesi completamente campate per aria.Io sono convinto invece che solo capendo il "come" potremo un giorno arrivare al "chi".
Chi si occupa di 11 Settembre deve svolgere un'analisi investigativa, non redarre una sentenza.
Credo che i cosiddetti debunker condividano generalmente un approccio orientato ai fatti, alle evidenze, all'analisi.
Non é un caso che a distanza di 6 anni i lavori che pubblico sul mio blog, tradotti in inglese, abbiano migliaia di visite da siti di tutto il mondo: il mio approccio é tecnico e come tale non é né ufficialista né complottista. Io sono convinto che la versione ufficiale abbia punti oscuri e punti grigi, perché frutto di una commissione politica.
Trovo francamente assurdo che non venga dato spazio al crollo del WTC7, così come il fatto che siano state operate scelte, non censure, sulle testimonianze delle audizioni tenute con i testimoni.
Ritengo poi che tutti gli atti debbano essere pubblicati, con la motivazione del perché sono o non sono stati ritenuti validi ai fini della ricostruzione degli eventi.
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Domanda #2
Posto che il crollo delle twin towers non sia stato causato dalle esplosioni di una demolizione controllata, come si spiegano i detriti scagliati ad ampissimo raggio attorno alle torri, tanto da gravemente danneggiare anche gli edifici siti a notevole distanza?
E quale altra spiegazione potrebbe avere la loro "polverizzazione" ?
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Risposta
Per poter rispondere a questa domanda, è necessario rifarsi alla struttura costruttiva delle Twin Towers.
Si tratta, sostanzialmente, di una struttura tubolare, costituita, semplificando, da una parete esterna portante, le colonne perimetrali, connessa ad una struttura interna costituita da 47 colonne fra loro connesse che costituivano il cosiddetto core.
Nel core erano alloggiati tutti gli impianti degli ascensori ed i servizi comuni per un edificio di quelle dimensioni, come la rete dei tubi idraulici, del vapore, dei cavi elettrici, delle scale di emergenza, dei macchinari destinati a garantire l’operatività di ogni servizio operante all’interno dell’edificio, come per esempio il servizio antincendio.
Le due strutture, core e parete perimetrale, a sezione rettangolare il core e quadrata la seconda, erano vincolate agli estremi inferiori (fondamenta) e superiori (tramite la hat-truss), in maniera da risultare fra loro strettamente vincolati; ogni piano era costituito da travature reticolari fra loro connesse, irrigidite da uno strato di cemento gettato su una lamiera gracata, in cui le floor-truss facevano da elemento di supporto per i piani e, contemporaneamente, da elemento di congiunzione fra core e struttura perimetrale.
Pur essendo vincolate agli estremi, le due componenti verticali portanti (perimetro e core) erano comunque in grado di oscillare entro i limiti consentiti dall’elasticità dell’acciaio e, per smorzare questi movimenti che potevano risultare pericolosi per il senso di sicurezza degli occupanti, non per la tenuta della struttura, ciascun elemento che costituiva le floor-truss era connesso alla struttura perimetrale con degli ammortizzatori viscoelastici, che servivano appunto per attenuare e smorzare le oscillazioni indotte da elementi esterni (tipicamente il vento agente sul perimetro esterno dell’edificio, ma anche terremoti o esplosioni o impatti da aeroplani).
Come dicevo, parlando di sezione,si può schematizzare la struttura esterna come un quadrato con all’interno un rettangolo in posizione centrale.
E’ evidente l’asimmetria dei collegamenti fra le due strutture, laddove alla regolarità dimensionale esterna della sezione quadrata corrispondeva una sezione del core rettangolare: alcuni lati perimetrali erano connessi ai lati corti del rettangolo con truss di misura minima, mentre i lati lunghi del rettangolo del core erano connessi ai corrispettivi lati del perimetro da floor di lunghezza massima.
A complicare ulteriormente la situazione, si pone anche il problema dell’orientamento del rettangolo interno nelle due Torri.
Nella Torre Nord, conosciuta come WTC1, caratterizzata dall’antenna televisiva sulla sommità – che per inciso era sorretta dalla hat-truss – l’orientamento del lato lungo del rettangolo del core era lungo l’asse Ovest-Est, per cui, quando l’aereo ha colpito il palazzo nella facciata Nord, ha colpito il core nel lato lungo superiore all’incirca nel mezzo.
L’orientamento del core nel WTC2, nella Torre Sud, era ruotato di 90°, per cui il lato lungo del rettangolo del core era orientato secondo la direttrice Nord-Sud, per cui l’aereoplano, colpendo la facciata Sud dell’edificio con traiettoria inclinata verso il basso e verso Est, ha impattato il vertice inferiore destro del rettangolo del core, nel lato corto.
Una funzione fondamentale dei floor–truss, oltre a garantire il supporto ai piani commerciali di cui erano la spina dorsale, era anche di garantire il supporto alle forze di taglio agenti in senso orizzontale sulla facciata dell’edificio, in assenza di condizioni straordinarie questa era tipicamente la spinta del vento, garantendo così l’equilibrio delle colonne del core che venivano a loro volta supportate dalla gabbia perimetrale.
Per semplificare molto, si può immaginare la struttura degli edifici come due tubi, saldati agli estremi (fondamenta e hat-truss), concentrici, quello esterno a sezione quadrata (pareti perimetrali) e quello interno a sezione rettangolare (core), tenuti in posizione da distanziali vincolati sia alla superficie interna del tubo esterno che alla superficie esterna del tubo interno (floor-truss).
Il cemento presente nelle Twin Towers non aveva funzione strutturale, ma garantiva la rigidità dei pavimenti.
Chiarito questo, dall’analisi delle fotografie, si evince che le macerie hanno disegnato a livello del suolo una sorta di quadrifoglio per ciascuna torre, con i lobi coincidenti con il lato del perimetro quadrato.
Alla luce di quanto chiarito precedentemente, risulta chiaro che questa distribuzione media è determinata dalle caratteristiche strutturali dell’edificio.
Resta da capire da dove tragga origine la forza che ha spinto verso l’esterno le macerie.
Innanzitutto dalle immagini e dai filmati è evidente che ad essere proiettate verso l’esterno sono state le colonne perimetrali, mentre quelle del core sono collassate in verticale, con alcune che sono addirittura rimaste ritte per crollare al suolo fra gli ultimi elementi del crollo.
Quindi le colonne del core sono sostanzialmente cadute all’interno del perimetro dell’edificio o nella prima prossimità, mentre elementi delle pareti sono state scagliate anche su edifici posti a notevole distanza.Il meccanismo di crollo, pur essendo dovuto a fenomeni diversi che ho spiegato nel mio blog, è sostanzialmente dettato da una massa sovrastante (parte dell’edificio sopra alla zona di impatto dell’aereoplano) che precipita sopra a quella sottostante perché i sostegni verticali della zona impattata, colpiti dall’aereo e poi ammorbiditi dagli incendi, non sono in grado di sostenerne il peso.
Messa in movimento, questa massa che crolla vince in millesimi di secondo la capacità strutturale dell’edificio sotto alla zona colpita e lo fa collassare.Il collasso è immediato per ciascuna colonna, visto che lo sforzo interno si propaga nell’acciaio alla velocità del suono nel mezzo, cioè circa 4,9 Km/s.
La parte di edificio sovrastante crolla sull’edificio sottostante, agendo come un cuneo, che, scendendo, cerca di allargare le pareti perimetrali che, a loro volta, sono invece trascinate verso il basso e verso il centro dal cedimento del core (solo un numero limitatissimo di colonne del core, quantificabile in 2 o 3, restano ritte) e dall’azione dei floor-truss che collegano saldamente il core alle pareti perimetrali.
Questa azione contrastante induce negli elementi orizzontali uno sforzo di trazione, che, al cedimento meccanico, si traduce in una forza di elevatissimo modulo che lancia verso l’esterno le porzioni di pareti laterali cui erano collegati i floor-truss che hanno ceduto.Semplificando moltissimo, succede lo stesso fenomeno che lancia lontano le due parti in cui si spezza un elastico quando la forza di trazione applicata ne supera la resistenza meccanica.
Per la polverizzazione, invece, questa è dovuta all’inconsistenza del materiale (cemento, ma anche mobilio e componenti architetturali come muri in carton gesso) che sono imprigionati nella caduta di elementi di notevole massa ed elevata densità.
Non ha alcun fondamento l’ipotesi di presenza di esplosivi che provochi lo sbriciolamento del cemento, perché significherebbe una distribuzione capillare su ogni piano e su tutta la superficie di ogni piano di materiale esplodente: non ha alcun senso.
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Domanda #3
Griffin afferma: “La versione ufficiale è resa implausibile da due problemi principali.
Il primo è il semplice fatto che il fuoco non ha mai - prima o dopo l'11 settembre - causato il crollo di grattacieli con un'intelaiatura in acciaio.
I difensori della versione ufficiale menzionano raramente, se mai lo fanno, questo semplice fatto…”A prescindere dalla professione di Griffin, sono confutabili queste sue affermazioni, dati alla mano?
Il kerosene (carburante degli aerei) è in grado di sviluppare il calore necessario per fondere l’ acciaio?
Come si spiegano le famose pozze di acciaio fuso presenti alla base delle torri a distanza di diverse settimane dal loro crollo?
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Risposta
L’affermazione di Griffin, che ricordo essere un personaggio di punta del movimento per la verità sull’11 settembre americano, docente emerito di teologia, è divenuta ormai un luogo comune, ripresa da tutti coloro che vogliono parlare di coinvolgimento dell’amministrazione americana in quello che sarebbe un autoattentato.
Se posso capire chi sostiene che qualche struttura governativa potesse avere avuto delle indicazioni e dei sospetti che qualcosa di grave sarebbe potuto accadere e che non ha potuto (voluto secondo alcuni) intervenire, questa affermazione categorica di Griffin presuppone invece un ruolo attivo di apparati deviati che avrebbero minato i palazzi in tempi non sospetti, per poi farli demolire secondo una regia pianificata.
Come tutte le affermazioni categoriche, questa di Griffin deve essere guardata con sospetto e si potrebbe rispondere con un’altra affermazione che è certamente vera, anzi con due affermazioni certamente vere:
nessun edificio alto come le Torri Gemelle è mai stato demolito in modo controllato;
in nessun edificio demolito in modo controllato sono mai state ritrovate pozze di acciaio fuso.
Queste sono due realtà che da sole, secondo la logica dello stesso Griffin, escludono la possibilità di una demolizione controllata delle Twin Towers: se vale la prima di Griffin, allora valgono anche le altre due…
La realtà dei fatti è che l’attacco alle Twin Towers costituisce un unicum nella storia, sia perché non ci sono precedenti di attentati così devastanti, sia perché le Torri Gemelle erano a loro volta un unicum.
Se non si considera la specifica struttura delle Torri e la dinamica dell’attacco, non si può capire come possa essere avvenuto il loro collasso.
E’ un dato di fatto, acclarato e ripetibile in ogni laboratorio della terra, che l’acciaio perde, come ogni metallo, le proprie caratteristiche meccaniche all’aumentare della temperatura.
Ad una temperatura di circa 800°C l’acciaio ha perso dal 70% all’80% delle proprie caratteristiche e ciò significa che se anche una struttura è, per esempio, 5 volte ridondante, a quella temperatura cede perché la resistenza strutturale dell’acciaio è ridotta al 10+20% di quella a temperatura ambiente.
Se non è chiara questa realtà fisica, è inutile parlare perché c’è della mala fede.
Posso capire che un teologo non sia molto addentro nelle prove meccaniche, ma ciò non significa che una qualunque sciocchezza debba divenire verità rivelata, anche se proviene da un emerito docente di teologia.
Nello specifico, è patrimonio comune di tutti gli ingegneri strutturisti che il principale nemico delle costruzioni in acciaio è il fuoco, tanto è vero che esistono specifiche norme e raccomandazioni tecniche di protezione termica passiva dell’acciaio.
La protezione termica dell’acciaio è ottenuta sia con materiale spruzzato che con lastre di cartongesso utilizzate per separare l’acciaio dalle possibili fiamme - per informazioni sul sistema di protezione passiva antincendio delle Torri Gemelle, vedere:
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Tutti questi materiali devono avere caratteristiche di bassa conducibilità termica, leggerezza e facilità di posizionamento, quindi devono essere rigidi ma leggeri, con spessori che garantiscano l’isolamento termico.
E’ un fatto che tutti questi materiali siano caratterizzati da pressoché nulle caratteristiche meccaniche di resistenza e resilienza, per cui vengono danneggiati da minimi urti.
Per esempio, restando nelle Torri Gemelle, la protezione termica all’interno dei vani degli ascensori era stata rilevata come danneggiata o completamente mancante in parti importanti per gli urti dei cavi degli ascensori (esiste anche documentazione fotografica di quanto affermo).
E’ del tutto chiaro, quindi, che sui piani impattati (ma non solo su quelli), buona parte della protezione termica sia stata asportata dalla massa di rottami dell’aereo e dai proiettili secondari (oggetti lanciati dall’impatto e facenti parte della normale struttura delle Torri, ma anche arredamento, pareti divisorie, vetri e tutto ciò che era presente all’interno), oltre che dalla vibrazione della struttura metallica.
Quindi l’acciaio è rimasto senza protezione termica: ciò non significa che tutta la protezione termica sia stata rimossa, ma che certamente laddove sarebbe servita di più (cioè nella zona dell’impatto e dei successivi incendi) non era più disponibile.
Secondo me, questa è una mia teoria, questo fatto ha avuto conseguenze devastanti, perché l’isolamento termico è bidirezionale, cioè impedisce al calore dall’ambiente di riscaldare l’acciaio, ma se l’acciaio è riscaldato, impedisce allo stesso di disperdere il calore nell’ambiente…
In pratica, la mia ipotesi è che nella zona impattata l’acciaio era rimasto scoperto e immerso direttamente nelle fiamme del materiale combustibile accumulato presso le colonne perimetrali (effetto bulldozer operato dai rottami dell’aereo), mentre nelle porzioni superiori ed inferiori dell’edificio la protezione termica ha impedito la dissipazione del calore delle colonne d’acciaio, che per conduzione ricevevano calore dalle zone rimaste scoperte.
Se a questo aggiungiamo che gli impatti hanno resi inservibili i sistemi di protezione attiva antincendio (irroratori a pioggia), ne consegue che il destino delle Torri era segnato fin dal primo impatto e conseguente incendio diffuso su più piani.Tornando a Griffin, allora, bisogna dire che finora nessun grattacielo, costruito come le Torri Gemelle, aveva mai subito un attacco come quello dell’11 settembre, per cui non ha veramente alcun senso fare questa affermazione attribuendogli un valore probatorio che non può assolutamente avere.
E’ un puro slogan, senza alcuna attinenza con la realtà dei fatti.
Veniamo ora alle altre domande, che sono di risposta molto più sintetica e veloce:
Kerosene e fusione dell’acciaio:
- il kerosene NON sviluppa temperature che possano portare a fusione l’acciaio, ma personalmente ritengo che non ci sia acciaio fuso nelle Torri Gemelle.
E’ però del tutto vero che il kerosene ha attivato gli incendi diffusi su più piani del materiale combustibile ivi presente: enormi quantità di carta, mobili in legno e plastica, rivestimenti decorativi e tappeti, attrezzature d’ufficio, liquidi combustibili e recipienti in pressione.
Pozze di acciaio fuso:
- nonostante quanto affermato ripetutamente, non esiste alcuna documentazione di queste famose pozze di “acciaio” fuso.
Finora esistono testimonianze, la maggior parte indirette, che parlano di “metallo” fuso, dove ricordo che per metallo si può intendere piombo, alluminio e altri metalli che fondono a metà o meno della temperatura di fusione dell’acciaio.
Certamente l’’alluminio fonde, a seconda della lega, dai 490°C ai 640°C e di alluminio, nelle Torri Gemelle, c’era abbondanza, senza considerare lo stesso alluminio di cui erano fatti gli aeroplani che hanno impattato le Torri.
Personalmente ritengo che le colature di metallo fuso dalla Torre Sud fossero alluminio e per un motivo molto semplice e di solo buonsenso: se fosse stato acciaio fuso, avrebbe in brevissimo tempo portato a fusione l’acciaio della zona da cui colava verso l’esterno, ma ciò è escluso dalle evidenze fotografiche, per cui questo metallo fuso NON aveva la temperatura per fondere l’acciaio, quindi non poteva essere acciaio… mi pare evidente senza dover scomodare astrusi calcoli di fisica tecnica.In quanto alle pozze di acciaio fuso, è stupefacente che non esista una sola immagine di quanto affermato: non è un fenomeno tanto normale vedere acciaio fuso nel cuore di New York e, nonostante le innumerevoli centinaia di fotografie scattate, non ne è uscita ancora una, alla data in cui scrivo, che mostri queste pozze di acciaio.
E’ possibile questa assoluta mancanza di interesse verso un fenomeno tanto inusuale quanto importante?
Nel tempo poi le pozze sono diventate rivoli e addirittura fiumi che scorrevano come lava nel sottosuolo di Ground Zero… secondo me la fantasia ha galoppato generando una delle tante leggende metropolitane, comunque sono pronto a ricredermi quando dovesse essere resa pubblica una adeguata documentazione, ma per ora sono scettico.
Io ritengo che si tratti di metalli fusi che sono sempre presenti nel caso di incendi sotterranei, tipicamente leghe leggere, tanto è vero che ci sono precise testimonianze di metalli fusi sotto il WTC6, che ricordo non essere crollato, e che ci sono testimonianze di metalli fusi anche in superficie, come per esempio i cerchi in lega delle automobili che si sono incendiate.
In merito alle alte temperature presenti a Ground Zero, queste sono molto ben documentate e pienamente compatibili con gli incendi che, a distanza di mesi, ancora infuriavano nel sottosuolo, alimentati dal flusso di aria proveniente dai tunnel della metropolitana presenti al livello più basso dei piani sotterranei di Ground Zero, ma ricordo che le alte temperature rilevate con sensori all’infrarosso (quelle che di solito vengono utilizzate dai complottasti come prove) sono durate alcuni giorni, perché le stesse rilevazioni termiche sono servite per dirigere l’opera di spegnimento dei pompieri degli strati immediatamente prossimi alla superficie, mentre gli incendi durati mesi erano confinati nelle zone più irraggiungibili e non tracciabili con tecniche di telerilevamento termico.
Per concludere, segnalo nuovamente che le demolizioni controllate non producono mai acciaio fuso nelle macerie, per cui anche questo argomentazione andrebbe attentamente valutata ai fini delle affermazioni di Griffin.
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Domanda #4
In che modo si possono spiegare le tante esplosioni documentate dai vari filmati, nonché riportate dall’ interno delle Torri Gemelle da numerose testimonianze a caldo, della cui autenticità non c’ è motivo di dubitare?
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Risposta
Penso che la domanda sia malposta, perché dà per scontato ciò che scontato non è affatto.
Prima di parlare di esplosioni si dovrebbe avere più dati, perché di fatto le esplosioni che tu citi sono solamente dei boati, cioè rumori che potrebbero essere anche di esplosioni, ma potrebbero anche non esserlo.
I boati che sono riportate dalle testimonianze, se vogliamo parlare di esplosioni, sono per me riconducibili a deflagrazioni di vapori di carburante avio penetrato nei vani degli ascensori, a scoppi di contenitori in pressione o sotto vuoto per il calore e a boati di crolli parziali all’interno degli edifici, oltre a particolarità locali che potrebbero avere avuto un ruolo nella Torre Sud (mi riferisco alla presenza di batterie in gruppi statici di continuità), ma è un discorso molto complesso che non è il caso di affrontare qui.
Nel caso delle testimonianze è importante evidenziare che poliziotti e pompieri parlano di “explosions” riferendosi anche a spostamenti d’aria particolarmente violenti, provocati anche dal crollo di piani interni o di edifici, non necessariamente da esplosioni di esplosivo.
Non c’è alcuna testimonianza che descriva un’esplosione nel senso proprio del termine, ma solo effetti indiretti che sono presenti ANCHE nelle esplosioni, ma non solo.
In genere le testimonianze fanno sempre riferimento ad effetti di due tipi: boati, quindi onde di pressione sonore, oppure fiamme.Le fiamme non sono affatto connesse a detonazioni di esplosivo da demolizione, quindi non sono prova di esplosione di esplosivi, anzi provano probabilmente il contrario, perché le esplosioni provocano un forte spostamento d’aria che è l’esatto opposto di una fireball.
Mancano completamente le tracce delle sovrappressioni tipiche di ogni esplosione: in un ambiente chiuso sul perimetro da vetri, come un piano delle Torri Gemelle, una qualunque esplosione di esplosivo ad alto potenziale avrebbe provocato un picco pressorio tale da far andare in pezzi tutti i vetri del piano interessato e ciò invece non si è verificato.
Se ci si riferisce agli sbuffi che escono da una finestra in modo random sulle facciate dell’edificio MENTRE STA CROLLANDO, questi non sono squib di demolizione controllata ma sfogo dell’aria contenuta nell’edificio che, appunto, sta crollando.
Nel caso di demolizione gli squib si determinano per l’esplosione delle cariche che provocano il crollo; nel nostro caso l’edificio sta già crollando e gli sbuffi sono solamente un effetto localizzato della fuoriuscita dell’aria compressa per effetto pistone dal palazzo che crolla.
E’ stato stimato che il 70% del volume interno delle Torri fosse aria.
Riassumendo, le testimonianze riportano boati e fiammate, che non sono prove di esplosioni da esplosivi ma certamente possono essere ricondotte anche ad altre cause connesse con serbatoi in pressione, liquidi infiammabili presenti in diversi edifici, depositi di materiale combustibile ed esplosivo nei sotterranei del WTC5 e 6, che non hanno avuto alcun ruolo nel crollo delle Torri ma che, piuttosto, per il crollo delle Torri sono stati danneggiati e coinvolti nell’incendio.
Gli scoppi al WTC5 e 6 sono documentati per quasi tutto il corso della giornata dell’11 Settembre dopo il crollo delle Torri.
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Domanda #5
Il WTC7 non è stato colpito da nessun aereo.
Gli incendi sviluppati al suo interno, stando alle immagini che abbiamo, sono di modesta entità. Come si spiega il suo crollo e come era stato possibile prevederlo con così largo anticipo?
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Risposta
Il crollo del palazzo WTC7 é stato fin da subito caricato di significati misteriosi ed è stato visto come una ulteriore manovra di chissà quali potenti che tramano nell’ombra.
Su questo palazzo si sono concentrate le attenzioni della stragrande maggioranza dei complottisti perché in esso avevano sede enti ed uffici di servizi coinvolti in indagini di grande importanza, ma non solo, io ricordo che qualcuno pensò anche che il palazzo fosse servito come luogo di regia per la direzione dell’intero attacco al World Trade Center e che il suo crollo finale fosse stato il tocco dell’artista per eliminare ogni prova.Se a questo aggiungiamo la sciagurata frase del “Pull it” del suo proprietario Silverstein, le illazioni sul bunker d’emergenza del sindaco di New York, la presenza di archivi riservati e anche qualche ufficio dei servizi di sicurezza, il cocktail avvelenato per il WTC7 è servito!
Fino alle recentissime immagini in cui si vedono gli enormi squarci nella facciata Sud del palazzo (quella rivolta verso le Torri Gemelle), qualcuno negava persino che il palazzo fosse stato danneggiato dal crollo della Torre Nord, che invece era incombente proprio sul WTC7.
Qualcuno vorrebbe negare anche i furiosi e diffusi incendi che, per ore, dopo il crollo del WTC1, hanno imperversato nell’edificio, ormai privo di sistemi antincendio attivi per l’interruzione delle linee idrauliche a causa del crollo del WTC1.
In questo senso, mi permetto di far notare che anche la tua domanda risente di questi pregiudizi: l’edificio 7 è stato oggetto di furiosi incendi, diffusi su più piani, che si estendevano su interi piani, come da evidenze fotografiche e filmate, e che hanno trovato alimentazione nei numerosi serbatoi di olio combustibile presenti su diversi piani del palazzo.
Se poi aggiungiamo che il palazzo sorgeva sopra la centrale elettrica Con-Ed che garantiva l’energia elettrica all’intero complesso, il quadro della difficoltà di controllare un incendio di simili proporzioni e drammaticità è completo.
Non si tratta affatto di due focolai isolati, come viene erroneamente detto, ma di veri e propri incendi che hanno imperversato per ore.
A supporto di quanto affermo, inviterei i lettori a visitare i seguenti siti:
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ed in merito al reale livello degli incendi:
Altri articoli molto interessanti sono reperibili in questo elenco:
Tornando al palazzo, è vero che non è stato colpito direttamente da alcun aeroplano, ma è altrettanto vero che è stato investito dalle macerie della Torre Nord: le evidenze fotografiche che riporto nel mio blog testimoniano che anche durante la primissima fase del crollo del WTC1 il WTC7 non presentava evidenti segni in facciata e nessun tipo di fumo usciva dal palazzo; durante il crollo del WTC1 e immediatamente nel sollevarsi la polvere, il WTC7 è stato colpito da più incendi, al punto che l’intera facciata era una fonte di fumo denso e cupo.
Se prendiamo una fonte certamente non ufficialista, come il nuovo filmato Loose Change Final Cut, vediamo nel trailer, recentemente diffuso, proprio due spezzoni di filmato relativi alla facciata Nord, del WTC7 e alla facciata Sud: nel primo si vedono focolai di incendi ardere all’interno del palazzo, nel secondo si vede parte dello squarcio in facciata e, a fianco di esso, lingue di fuoco alzarsi in mezzo alle nuvole di fumo. Le altre facciate, come visibile dalle immagini nei siti indicati, erano in condizioni se possibili peggiori, con lingue di fuoco che fuoriuscivano dalle finestre.
Ricordiamo inoltre che il palazzo, costruito interamente in acciaio (anche se il sito complottista Luogocomune lo ha definito per molto tempo e fino a pochissimo fa, un grattacielo in cemento armato! Chiaramente era del tutto sbagliato), sorgeva sopra una centrale elettrica e che, rispetto al progetto originale, l’area dei piani commerciali era stata aumentata, imponendo un aumento della superficie ed un disallineamento di parte delle colonne portanti rispetto alle iniziali posizioni delle fondamenta.
Ciò ha comportato la realizzazione di una struttura a cantilever a livello del 5-7° piano del palazzo, con strutture supplementari di supporto dell’ala orientale (la prima a crollare) che, rispetto al progetto iniziale, era completamente esterna alle fondazioni incorporate nella centrale elettrica.Il WTC7 era quindi un edificio molto particolare, con una struttura portante asimmetrica, nonostante l’apparente simmetria esterna dell’edificio, ed il suo crollo è da imputarsi ad un collasso dell’ala orientale che si è propagato in diagonale all’intero edificio, secondo la dinamica di un collasso progressivo.
L’organismo tecnico di investigazione NIST non ha ancora rilasciato il report definitivo sul WTC7, ma esite già documentazione tecnica che descrive le caratteristiche del palazzo, così come la rete interna di piping dell’olio combustibile, rete particolarmente estesa e , per una parte, in pressione.
Dopo il crollo del WTC1 la facciata meridionale del palazzo 7 era profondamente segnata da uno squarcio alto all’incirca 20 piani e, dalle testimonianza dei pompieri, si apprende che l’edificio emetteva rumori di crolli parziali e sinistri scricchiolii che ne preannunciarono il collasso.
Data la situazione disperata del quartiere colpito, il palazzo7 venne evacuato ed il suo crollo non provoco direttamente delle vittime, anche se sembra che almeno un reporter sia stato investito dalle macerie e abbia trovato la morte a causa indiretta del WTC7.
Esistono anche testimonianze filmate di poliziotti rimasti feriti nell’atrio del WTC7 durante il crollo della Torre Sud, il WTC2, cioè la prima torre a crollare collocata a maggiore distanza dal palazzo.
Durante questo primo crollo l’atrio di ingresso del palazzo è stato distrutto dallo spostamento d’aria, con rottura delle vetrate e crollo di rivestimenti murali, ma senza la presenza di incendi.
Vorrei sottolineare, viste le polemiche recenti sul “seven is exploding”, che esistono prove fotografiche ed innegabili che in nessun modo il WTC7 è stato oggetto di esplosioni interne, visto che l’edificio appare integro e non emette fumo da alcuna parte in nessun momento, fino al crollo delle Torri Gemelle.
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Domanda #6
Come si spiega l’ assenza di rottami di una certa rilevanza dell’ aereo che avrebbe colpito il Pentagono?
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Risposta
L’assenza di rottami di una certa rilevanza è spiegabile attraverso un concorso di cause che riguardano le condizioni dell’impatto, la struttura ed i materiali dell’aeroplano, la struttura del bersaglio colpito e le condizioni che si sono generate sul bersaglio a seguito dell’impatto.
L’impatto è avvenuto ad elevata velocità, contro un bersaglio di alta resistenza, che è stato penetrato secondo una determinata geometria determinata dalle caratteristiche costruttive del palazzo e dalla deformazione/destrutturazione dell’aeroplano.
L’aereo, per effetto della elevata velocità di impatto, ha dato origine a frammenti di alluminio e materiali compositi di piccole dimensioni, perché questo è ciò che succede quando le velocità in gioco sono di questo tipo, secondo gli esperti di investigazione degli incidenti aerei, mentre le parti in acciaio vengono normalmente reperite in condizioni più o meno gravi e con livello di disassemblaggio a seconda degli urti che hanno ricevuto, nonché in dipendenza del tipo di materiale contro cui sono impattate.
Le immagini che si vedono sui mass media di pezzi consistenti per dimensioni di fusoliere e timoni sono relativi ad incidenti aerei avvenuti in fase di decollo o di atterraggio, manovre caratterizzate da bassa velocità.Se la velocità aumenta, le leghe aeronautiche si comportano come detto.
Qualcuno ha volutamente capovolto i termini della dimostrazione logica di assenza di rottami di grandi dimensioni argomentando che persino quando un aereo impatta contro una montagna si vedono pezzi di rottami, ed un edificio non può certo offrire maggior resistenza di una montagna!
Questo modo di porre la questione denota malafede, dato che è esattamente per questo motivo, cioè proprio perché un edificio non è più resistente di una montagna, che i rottami scompaiono alla vista esterna.
Nell’impatto contro una montagna i rottami restano sulla superficie, nell’impatto contro un edificio, questo subisce comunque una penetrazione ed i rottami penetrano nell’edificio, diventando di fatto non visibili dall’esterno, soprattutto da una certa distanza.
Se poi consideriamo che l’edificio si è incendiato e successivamente è parzialmente crollato, mi pare del tutto evidente che i soli rottami rintracciabili siano quelli all’esterno (di piccole dimensioni per la dinamica dell’impatto) e quelli all’interno che hanno le caratteristiche o si sono trovati in situazioni per sopravvivere all’urto e al successivo incendio, quindi parti in acciaio e parti in alluminio che non siano state raggiunte dal calore (perché, per esempio, coperte da uno strato di macerie che le hanno protette dal fuoco).
Altra considerazione importante da fare è che esistono filmati, di cui ho personalmente potuto vedere almeno uno spezzone, in cui vengono chiaramente mostrate componenti dell’aeroplano all’interno del Pentagono colpito, come per esempio il fusto del carrello principale in acciaio, parti di cerchione con copertone, pezzi di fusoliera, in particolare forse di un portello (non sono un esperto aeronautico, per cui riconosco il tipo di materiale e la tecnologia di costruzione, ma non la localizzazione di un particolare costruttivo in associazione ad uno specifico modello di aeroplano); esistono inoltre numerose immagini che riprendono rottami dell’aereo sia all’interno che all’esterno del Pentagono.
Sono anche convinto che tutto questo materiale sia conservato in qualche deposito e che, prima o poi, verranno date indicazioni in merito alla sua esistenza e località di conservazione.
Credo sia opportuno ricordare, inoltre, che di AA77 è stata rinvenuta, all’interno del Pentagono, la scatola nera.
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Domanda #7
Come fanno ad essere compatibili le dimensioni del danno con le misure di un Boeing 757?
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Risposta
Basta fare delle misure, per rendersi conto che l’entità della zona danneggiata del Pentagono PRIMA del crollo della facciata è compatibile con le dimensioni di un aeroplano della classe dimensionale e di motorizzazione del Boeing 757/200.
Non bisogna farsi trarre in inganno dalle dimensioni dell’edificio, che sono veramente importanti.In una mia ipotesi di ricostruzione dell’impatto al Pentagono, riporto questa descrizione dei danni, così come è stata ricavata dalla reportistica Asce (Rapporto ASCEE, "The Pentagon building performance report", 2003), che con un suo team investigativo ha potuto visitare il Pentagono, parlare con testimoni oculari dell’impatto e accedere alla documentazione fotografica disponibile:"La linea di giunzione del Pentagono è all’altezza della colonna 11, mentre dalle immagini ante crollo si vede che la zona danneggiata, dove non è più presente la facciata, parte dalla colonna 8 del piano terra (primo piano secondo gli Americani); sono completamente assenti le colonne 10, 11, 12, 13 e 14. Al primo piano (secondo piano per gli Americani), il danneggiamento completo della facciata inizia dalla colonna 11 fino alla colonna 15, con però le finestre ad alta resistenza ancora al loro posto, nonostante la facciata sia scomparsa nella parte bassa, fra le colonne 11 e 13. La sola colonna mancante a questo piano è quella individuata dal numero 14. I piani superiori al primo (secondo per gli Americani), risultano integri a meno di segni di impatto di frammenti al terzo piano (quarto per gli Americani) sulla destra della zona di impatto. Al piano terra le colonne 9, 15, 16 e 17, risultano pesantemente danneggiate; dopo il crollo, anche la colonna 18 sarà interessata dal collasso della struttura. La zona collassata va dalla colonna 11 alla 18".
Se si valutano le dimensioni della zona che ha subito danni, sapendo che la misura dell’ampiezza di una finestra è pari a 1,52 metri (5 piedi), si rileva facilmente che la porzione della facciata che riporta segni esterni di impatto è superiore ai 50 metri, mentre la zona con segni di sfondamento anche parziale dei muri e, secondo quanto descritto in precedenza, anche delle colonne portanti, è di circa 35 metri, in linea con l’apertura alare di un Bo757 che è di 38 metri circa.
Le dimensioni dell’edificio, come detto, non rendono immediatamente percepibili queste misure, ma la verifica è piuttosto semplice da effettuarsi.
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Domanda #8
Come si spiega il danno risibile sulla facciata stessa, documentato dalle foto prima del suo crollo?
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Risposta
Non definirei risibile il danno in facciata al Pentagono.
Questa affermazione è alla base degli errori che filmati e pubblicazioni complottiste continuano a diffondere.
L’errore è dato principalmente dal fatto che nelle primissime immagini disponibili, buona parte del piano terra del Pentagono nella zona impattata non era visibile perché coperta dal getto degli idranti dei pompieri.
Se si analizza la reportistica Asce già menzionata, è del tutto evidente che il buco piccolo in facciata al Pentagono è una leggenda metropolitana, che viene ribadita semplicemente perchè non si pone l’adeguata attenzione alle fonti documentali.
Conoscendo la misura dell’ampiezza di una finestra del Pentagono (1,52 metri), chiunque può fare le misure in scala per valutare l’entità dei danni in facciata al Pentagono prima del crollo della facciata.
Sottolineo inoltre che il crollo della facciata, avvenuto una ventina di minuti circa dopo l’impatto, era già preannunciato da un cedimento verticale della facciata stessa, evidente se si osserva la linea del profilo superiore della facciata prima del crollo; in coincidenza con la linea di giunzione dell’edificio, la facciata è abbondantemente "scesa" di livello.
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Domanda #9
Come si spiega il fatto che delle tante telecamere dislocate attorno al Pentagono, a distanza di quasi 6 anni non sia stato rilasciato un solo video in cui l’aereo sia chiaramente e incontestabilmente visibile?
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Risposta
Il problema vero è, credo, prima di tutto sapere se può fisicamente esistere un filmato in cui si veda "chiaramente ed incontestabilmente", come tu chiedi, non solo un aeroplano, ma direi proprio il volo AA77, perché anche se si vedesse un aereo simile per modello, si potrebbe sempre obiettare che potrebbe essere un aereo identico ma radiocomandato.
Dato che l’identificazione sarebbe possibile tramite il tail-number e/o le altre caratteristiche esterne di un qualche rilievo, dubito che possa fisicamente esistere una prova di questo genere, e se anche uscisse un filmato con ben chiaro il tail-number, sono certo che qualcuno direbbe che è impossibile che un aeroplano che viaggia a 850 Km/h possa essere ripreso in quel modo e che quindi il filmato è falso.
Credo non ci sia alternativa: se il filmato non esce, è la prova, secondo i complottisti, che nessun aereo è impattato; se dovesse uscire ma non essere identificabile, sarebbe per qualcuno la prova dell’uso di un aereo radiocomandato; se uscisse e fosse anche identificabile, sarebbe la prova di una manipolazione.
Io resto scettico sulle possibilità che qualcuno possa cambiare idea semplicemente per l’esistenza di un filmato: l’atmosfera è ormai irreversibilmente avvelenata dalle ipotesi di complotto e dai sospetti serpeggianti.
In merito all’esistenza di un qualunque filmato che mostri qualcosa in merito all’impatto e all’aeroplano, io penso che possa anche esistere ed essere forse un giorno rilasciato, ma personalmente non cambierebbe il mio modo di vedere la questione, così come non l’hanno cambiato i due filmati ad oggi rilasciati.
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Domanda #10
Il "rapporto Murru" come si inserisce in questo contesto?
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Risposta
Non esiste alcun "rapporto Murru", nel senso proprio del termine che viene attribuito comunemente nel mondo della comunicazione, inteso cioè come un dossier di PROVE che documentano eventi criminosi, tanto è vero che lo stesso ambiente "complottista" si è diviso sulla validità dell’analisi.
Murru ha effettuato un’analisi singola ed incrociata dei due filmati rilasciati in seguito a richiesta Foia, dopo la conclusione del processo Moussaoui, relativi alle riprese delle telecamere di sorveglianza del Pentagono, giungendo alla conclusione che questi filmati presentino delle alterazioni.
Questa analisi, a volte anche molto complessa - ricordo che la complessità di un’analisi, in genere, si accompagna da una scarsa intelleggibilità per i non addetti ai lavori - è stata sviluppata partendo da alcune ipotesi di base date per acquisite, e si è articolata per passi successivi fino a giungere a comprendere anche una valutazione di modelli grafici tridimensionali con telecamere virtuali.
Si tratta certamente di un buon esempio di come si dovrebbe procedere, ma è secondo me viziata alla base da una considerazione piuttosto banale ma fondamentale.
Come ho a suo tempo accennato in questo articolo, il problema che si pone quando si analizza con gli occhi di un consulente tecnico la composizione di un elemento multimediale, come può esserlo un’immagine, una registrazione audio e, in misura ancora maggiore un filmato, è che la modalità di codifica dell’informazione impatta in maniera anche importante sulla qualità e sulla quantità di informazioni dell’elemento analizzato.Nell’analisi tecnica non viene focalizzato il contenuto delle immagini, quanto la codifica di questo contenuto che ne consente la diffusione. Oggetto dell’analisi tecnica è, in pratica, la rappresentazione dell’informazione, non l’informazione.
Anche la semplice scelta di un formato piuttosto che di un altro, per i motivi più che validi che sono, per esempio, il consentirne la diffusione tramite supporto digitale ottico o magnetico, determina scelte tecniche anche inconsapevoli che possono inficiare fin da subito un’analisi come quella condotta da Murru.
Voglio essere molto chiaro su questo punto: io non sto dicendo che l’analisi di Murru non sia valida da un punto di vista metodologico, anche se andrebbe verificata e non mi risulta che abbia mai rilasciato i suoi modelli per una verifica indipendente, quanto piuttosto che è impossibile sapere se questa sia o non sia valida in assoluto, perché è stata fatta su una copia dei filmati che è stata codificata esplicitamente per la diffusione e non si sa quanto questa sia diversa, in termini di supporto e codifica, dall’originale.Per esempio, il filmato originale potrebbe essere stato registrato in analogico su videocassetta a nastro, mentre i filmati distribuiti sono in formato digitale compresso con algoritmi lossy, cioè con procedimenti che, per comprimere le dimensioni, sacrificano alcune delle componenti informative delle singole immagini che, se poco recepibili a livello visivo, potrebbero essere determinanti in analisi come quelle di Murru.
E’ la prima volta che parlo pubblicamente di questa analisi e non vorrei essere frainteso: per me l’analisi si sviluppa con coerenza metodologica, anche se deve ancora essere verificata nella sua componente matematico-trigonometrica, ma certamente è applicata sull’oggetto sbagliato e le conclusioni cui giunge erano già intrinsecamente parte delle ipotesi: i filmati non sono originali, ma questo lo si sapeva fin da subito, visto che i filmati analizzati sono copie digitali di cui non si conosce il livello si uguaglianza agli originali da cui derivano.
Per questo motivo non ritengo si possa parlare di rapporto Murru.
Io ritengo che l’analisi fatta sia una bella esercitazione accademica, ma che, prescindendo dai facili trionfalismi riassunti nello slogan "debunkate questo" di mazzucchiana memoria, non può raggiungere alcuna conclusione probante: francamente mi stupisce molto che l’autore, così professionalmente preparato, non abbia colto questa lacuna di base, che è invece evidente a chi ha pratica forense.
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Domanda #11
Dove è finito l’ aereo UA93, che la teoria ufficiale vuole essersi schiantata in Pennsylvania a causa degli stessi passeggeri ribellatisi ai dirottatori, visto che dalla foto del punto d’impatto indicato non si scorgono rottami di alcun tipo?
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Risposta
A questa domanda la risposta, chiaramente per me, non può che essere una: il volo UA93 è caduto a Shanksville, in un terreno soffice di riporto di un’ex miniera a cielo aperto ricoperta.
Le fotografie del processo Moussaoui, protocollate e facenti parte delle prove a carico, sono del tutto evidenti e, ricordo, sono delle PROVE anche in senso giudiziario.
Di UA93 sono state ritrovate le scatole nere, i resti delle vittime, i rottami dell’aereo, motori compresi: non credo che possano sussistere altri dubbi in merito.