Attacco al Pentagono: le impronte della facciata

di Enrico Manieri - Henry62
. Automatic Google English Translation can be found here.
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Nuove immagini delle impronte della facciata del Pentagono sono disponibili qui
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Dopo molto tempo dal mio primo articolo in cui cercavo di effettuare una ricostruzione dell'impatto di un aeromobile contro il Pentagono, torno a parlare di questo argomento perchè ritengo debbano essere approfonditi alcuni punti che nel primo articolo sono stati solamente accennati o addirittura ignorati.
I tempi sono maturi per riprendere questi temi e per formulare alcune ipotesi del tutto personali che ritengo possano essere di un qualche interesse pubblico.
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Un primo punto cui vorrei accennare è relativo alla configurazione geometrica dell'aereo che ha impattato il Pentagono.
Come detto, l'aereo ha impattato la facciata dell'edificio con un angolo di inclinazione rispetto alla normale alla facciata di circa 42°, con l'ala destra più alta rispetto alla sinistra.
Ricordo anche che il motore destro avrebbe impattato il generatore, facendolo ruotare su sè stesso, per effetto del violento urto, in senso orario e lasciando su di esso dei danneggiamenti compatibili dimensionalmente con il motore ed il profilo di un attuatore dei flap.

Una immagine di un passaggio ad alta velocità e a bassa quota di un bimotore di linea ci consente di apprezzare l'entità del fenomeno di deformazione elastica delle ali.

Se consideriamo invece nell'immagine seguente, relativa ad un passaggio a bassa quota ed alta velocità di un Airbus, la maschera di confronto del rettangolo giallo, è possibile apprezzare il comportamento dinamico delle ali, in particolare delle porzioni esterne: l'inflessione verso l'alto porta l'estremità alare ad una notevole altezza da terra rispetto alla configurazione a riposo della posizione statica.
Mai come in questo caso un'immagine vale più di cento parole:
E' quindi evidente che non sia possibile prescindere da questo fenomeno nell'analisi dell'impatto di AA77 al Pentagono, dato che anche minime differenze di quota possono costituire elementi di calibrazione del tipo "passa/non passa" per validare o meno ipotesi di ricostruzione.
Credo sia davvero importante concentrare l'attenzione sulla deformazione verso l'alto del terzo esterno delle ali.
Ricordiamo inoltre che le ali di un aeromobile di linea sono in larga parte occupate dai serbatoi alari del carburante, motivo per cui la deformazione è ancora più interessante.
Questa è la configurazione dei serbatoi del carburante di un Boeing 757-200, l'aeroplano del volo AA77.
Dei tre serbatoi, quello centrale è il primo ad essere svuotato, per cui, al momento dell'impatto, i serbatoi alari erano ancora praticamente pieni di carburante.
Questo è il motivo per cui la Purdue University ritenne fondamentale studiare il ruolo del liquido (la cui principale caratteristica è di essere incomprimibile e di trasmettere in tutte le direzioni, con la stessa intensità, la forza esercitata in un punto) nell'analisi dei danni alla struttura portante del Pentagono, avanzando l'ipotesi, confermata poi da modellizzazioni e prove empiriche, che l'effetto di sfondamento operato dalle ali fosse stato provocato essenzialmente dall'azione idrodinamica del liquido che, oltre a sfondare la facciata e a produrre gli effetti devastanti all'interno dell'edificio, avrebbe anche determinato la destrutturazione dell'ala ed il distacco dell'ala destra dalla fusoliera già al primo impatto.
Questa destrutturazione dell'ala giustificherebbe l'assenza di una traccia continua di danneggiamento sulla facciata dell'edificio fra il punto di impatto/ingresso della fusoliera e la zona a destra di essa, dove sono invece evidenti gli effetti di impatto della porzione centrale dell'ala.
E' mia personale opinione che al momento dell'impatto del motore destro contro il generatore, il motore sia esploso, il rotore si sia spezzato e abbia generato una scia di rottami costituiti da parti degli stadi dotate di elevata densità sezionale e forza viva in virtù della rapidissima rotazione che le animava e della velocità dell'aereo.
Questi rottami avrebbero quindi proseguito la loro corsa secondo traiettorie determinate dalla composizione vettoriale delle forze derivanti dall'impatto e dall'inerzia, andando a colpire violentemente la facciata del Pentagono a quote più elevate rispetto al punto di impatto della fusoliera.
Da un punto di vista strettamente operativo, il motore destro dell'aereo avrebbe quindi colpito la facciata in una zona in cui si vede effettivamente lo sfondamento di un muro, ma l'entità del danno provocato sarebbe stato inferiore a quello provocato dal motore sinistro a causa del danneggiamento già subito dal motore destro nell'urto contro il generatore e nella sua immediata esplosione.
In particolare, osservando la facciata del Pentagono sul lato destro del punto di impatto:
ritengo che il danneggiamento al quarto piano (denominazione americana), possa essere spiegato come l'effetto dell'impatto di una turbina del rotore del motore destro, staccatasi dal resto del motore.
Osservando i dettagli ravvicinati del danno, si può vedere come questa "svirgolata" abbia conformazione e caratteristiche geometriche e fisiche compatibili con l'urto di un pezzo ad alta densità e resilienza, che ha colpito la facciata con una superficie di area limitata (come il bordo di un piatto) mentre era in rapida rotazione attorno ad un asse di simmetria.
La composizione del moto di rotazione e della violenta proiezione contro la facciata avrebbe generato la forma ad U capovolta.
Questo profilo, nella mia personalissima ipotesi, sarebbe dovuto alla dinamica del contatto: all'inizio del contatto viene prodotto il tratto ascendente di destra della curva, all'impuntatura si crea la zona di maggior danneggiamento (parte curva), che determina il cambio di inclinazione dell'asse di rotazione e quindi, in uscita dal contatto, il tratto curvo discendente di sinistra, più inclinato.
Per quanto mi risulta, non esistono al momento altre ipotesi formulate da chicchessia sulla generazione di quei danni dalla forma così particolare, che spieghino in modo adeguato la specifica conformazione del danno, con un percorso di inizio, un picco di danneggiamento al vertice ed un percorso di uscita di un oggetto che non si è distrutto contro la facciata stessa, ma che ha conservato sufficiente energia per lasciare traccia del suo passaggio mentre si allontanava dal punto di impatto.
E' interessante osservare che un danno simile è infatti presente anche sul primo pilastro a destra dell'immagine, alla stessa quota.
Se si osserva l'immagine della facciata del Pentagono, si vede che analoghe tracce sono presenti anche nella parte a sinistra del punto di impatto. .

Se assumiamo che il profilo di impatto del Bo757 sia quello indicato nella figura seguente, in accordo con le evidenze fisiche presenti sulla scena del crimine, in verde sono evidenziate le posizioni dei motori dell'aereo in volo ed in rosso le "svirgolate" sulla facciata del Pentagono:

La conclusione che si può trarre è che questi danni, simili per tipologia, potrebbero essere quindi riconducibili all'impatto multiplo di parti in rotazione staccatesi dai rispettivi motori destro e sinistro per gli impatti subiti dai motori prima dell'urto contro la facciata.

Se il motore destro ha avuto certamente l'impatto contro il generatore, il sinistro ha urtato contro il basso muretto di recinzione della zona di accesso al sottosuolo e contro i portelloni in lamiera metallica di chiusura delle scale di discesa ai vani interrati di servizio del Pentagono. .

L'immagine che segue mostra all'esterno della facciata il rotore di una turbina, che potrebbe essere stato l'oggetto responsabile di una delle famose "svirgolate".
Questa parte del motore, presente in immagini famosissime, è in effetti collocata all'esterno della facciata del Pentagono ed in prossimità ad essa si possono notare rottami in materiale composito (nel cerchio giallo), che ricordano la parte posteriore, di minor diametro, della gondola del motore.
La gondola del motore del Bo757 è infatti fatta di materiale composito, un honeycomb di alluminio e grafite rinforzato con kevlar.

L'utilizzo dei materiali compositi è particolarmente interessante per il Bo757 e valutarne l'importanza nella costruzione dell'aereo può aiutarci a capire perchè i rottami visti al Pentagono siano di piccole dimensioni o possano addirittura sembrare assenti ad un primo sommario esame.

In realtà i rottami sono presenti in grande numero, come è possibile vedere da immagini ravvicinate della zona dell'eliporto.
Nel diagramma a torta che segue, di fonte Boeing, come tutte le immagini pubblicate relative all'impiego di materiali compositi nel Bo757, si vede il peso percentuale dei diversi materiali che costituiscono l'aereo, così come esce dalle linee di produzione:
L'uso di questi materiali compositi ha consentito un notevole risparmio di peso rispetto alle tecniche di costruzione tradizionale:
La distribuzione dei componenti in materiale composito è la seguente:
Per alcuni di questi componenti sono disponibili dettagli dimensionali, che riporto per completezza di informazione: .
  • la carenatura dei flap, fatta di un composito ibrido di kevlar rinforzato con fibre di grafite;
  • il timone (la parte verticale mobile, chiamata in inglese rudder), costruito interamente con l'utilizzo di resine epossidiche rinforzate con grafite;

I materiali compositi sono caratterizzati da grande leggerezza e buona resistenza all'erosione, mentre non hanno caratteristiche meccaniche significative per la resistenza agli urti.

Chiariti questi aspetti, che da tempo desideravo esporre in maniera organica, credo sia venuto il momento di analizzare una questione che mi sta molto a cuore.
Questo argomento viene ormai invocato da chi sostiene le teorie "alternative" come una prova che al Pentagono non si è schiantato un Boeing 757, e riguarda l'impronta di impatto dello stabilizzatore verticale, quello che normalmente chiamiamo timone dell'aereo o deriva.
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. Impronta di impatto dello stabilizzatore verticale del Boeing 757
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L'immagine che segue, trovata in rete, fornisce un'idea dell'ingombro dello stabilizzatore verticale del Boeing 757 in confronto alle dimensioni della facciata del Pentagono.
La punta superiore dello stabilizzatore viene a collocarsi all'altezza della parte inferiore delle finestre del quarto piano (notazione americana, in Italia sarebbe il terzo piano).
Come detto, molto spesso viene posta provocatoriamente la domanda di mostrare dove sia il danno prodotto da questa parte dell'aeroplano, visto che la facciata dell'edificio, nella porzione verticale sovrastante il foro di ingresso della fusoliera, non presenta segni apparenti di impatto.
Il noto complottista Killtown mi pose, recentemente, la fatidica domanda durante una discussione sul forum di Loose Change.
Ho deciso quindi di affrontare questo argomento e lascio a voi giudicare la validità di quanto mi accingo ad esporre.
Per affrontare l'analisi delle tracce di impatto, è necessario capire come sia fatto lo stabilizzatore verticale ed il timone di un Boeing 757.
Come ho già accennato, il rudder, cioè il timone vero e proprio (la parte mobile verticale), è realizzato integralmente in materiale composito (graphite-epoxy materials) e non ha caratteristiche meccaniche tali da poter produrre un danneggiamento impattando contro una struttura in pietra come quella che costituiva la parte più esterna della facciata del Pentagono.
Lo stabilizzatore verticale (la parte fissa) è invece costituito da una struttura portante formata da una travatura centrale e da elementi di raccordo ed irrobustimento, che supportano il rivestimento esterno costituito da pannelli in lega leggera.
Nello schema che segue, che ho colorato per meglio evidenziare i componenti, la travatura in questione è quella blu.
Volendo semplificare molto, la struttura dello stabilizzatore verticale è del tutto simile a quella di un'ala, posta in verticale, perfettamente simmetrica sui due lati.
Lo stabilizzatore verticale del Bo757 è quindi un elemento essenzialmente cavo, costituito da una esigua struttura centrale in lega leggera rivestita da pannelli in lega di alluminio.
Questa pinna verticale è tenuta in posizione da elementi di forza che, a loro volta, si raccordano a punti di resistenza vincolati alla scatolatura di irrigidimento dell'impennaggio orizzontale di coda.
In queste fotografie, in cui sono stati rimossi alcuni pannelli di rivestimento esterno, si può apprezzare l'interno dello stabilizzatore verticale di un Boeing 737, simile come costruzione strutturale a quello del più grande Boeing 757.
A mio parere davvero interessanti sono queste altre immagini, piuttosto inusuali e rare a trovarsi, che mostrano i lavori di rottamazione di un Boeing 757.
Nella prima si vede l'asportazione dell'intero stabilizzatore verticale e la tipica rottura che viene a crearsi in prossimità della fusoliera quando la pinna verticale è sottoposta ad un urto o ad una forte sollecitazione di flessione laterale.
Nella seconda invece è posto in evidenza il complesso di irrobustimento dello stabilizzatore orizzontale (caduto a terra in seguito al taglio della fusoliera), normalmente impossibile a vedersi perchè racchiuso nella parte più interna della coda della fusoliera.
All'interno dello stabilizzatore verticale trovano posto i tre attuatori che comandano il movimento del timone (sono i tre elementi colorati in rosso che si possono vedere nello schema precedente, posizionati nella metà inferiore della pinna verticale). Questi attuatori sono gli unici elementi ad essere realizzati in metalli pesanti e hanno una elevata densità sezionale: in caso di urto di forte intensità, questi elementi tendono a distaccarsi e nel loro moto contribuiscono dall'interno alla demolizione della struttura resistente. Avendo le idee più chiare su come è fatto lo stabilizzatore verticale, è necessario ora valutare la dinamica dell'impatto per capire dove andare a cercare la traccia eventualmente lasciata dallo stabilizzatore verticale.
L'aereo colpì il palazzo provenendo da una traiettoria inclinata, nel piano orizzontale da destra verso sinistra, e nel piano verticale con l'ala destra più alta della sinistra.
Nel piano verticale lo stabilizzatore ruota perciò in senso antiorario, mentre nel piano orizzontale la composizione del moto di oggetti che impattano in tempi successivi comporta un ulteriore piccolo shift verso sinistra.
Per questo motivo è del tutto errato cercare danni sulla verticale del punto di impatto della fusoliera.
E' importante invece evidenziare che il contatto avviene fra la facciata e la parete destra dello stabilizzatore verticale, per cui il vertical fin viene colpito nella sua zona meno resistente agli urti e, allo stesso tempo, in maniera tale da determinare una insostenibile flessione accompagnata da avanzamento verso la facciata.
In pratica si crea uno sfregamento progressivo, più che un vero urto, il tutto in millesimi di secondo.
Questa dinamica comporta che i danni sulla facciata non possano che essere degli sfregamenti superficiali, dovuti alla destrutturazione delle parti in lega leggera e composito, frammisti a zone di area molto limitata di maggior danneggiamento create dall'impatto degli attuatori e degli elementi di maggior resistenza.
Non si deve dimenticare poi che l'entrata della fusoliera nel palazzo, con la creazione di un foro in cui la fusoliera si è completamente infilata fino alla coda, ha creato una sorta di guida (una specie di imbuto, per dirla in termini molto più terra terra), in cui il bordo superiore del foro ha praticamente distrutto tutto ciò che, progressivamente con la penetrazione/destrutturazione della fusoliera, arrivava ad impattare (anche in virtù dell'inclinazione della traiettoria dell'aereo nel piano verticale).
In questo meccanismo un ruolo fondamentale è dovuto alla soletta fra il primo ed il secondo piano (notazione americana).
Quindi la deriva verticale ha impattato in modo tale da creare una eventuale traccia che, rispetto al punto di impatto, deve:
  • avere origine nel punto di impatto della fusoliera;
  • avere andamento rettilineo o solo leggermente curvo, con curvatura maggiore per il tratto più distante dal punto di origine;
  • essere ruotata sulla facciata in senso antiorario.
Vediamo allora l'immagine della facciata prima del suo crollo, avvenuto una quarantina di minuti circa dopo l'impatto.
Su questa immagine possiamo individuare due punti di riferimento ben precisi, che identifico nelle finestre marcate con i numeri 1 e 2. La finestra 1 si colloca al quarto piano del Pentagono, la finestra 2 al terzo piano (sempre utilizzando la notazione americana).
Il punto di impatto si trova nascosto dal getto dell'idrante e queste finestre, rispetto al punto di impatto, si collocano a sinistra.
Osservando un ingrandimento, si vede che nella zona delimitata dalla linee gialle, sono presenti dei danni che nel loro insieme rispondono alle tre condizioni prima elencate, cioè danni disposti su una traccia sostanzialmente rettilinea, che ha origine nel punto di impatto e ruotata rispetto ad esso in senso antiorario.
Inoltre, i danni sono presenti con tali caratteristiche solamente in quella zona, dato che all'esterno delle linee gialle non si vedono danni da impatto (le fratture oblique del rivestimento sono dovute non ad impatti, ma al cedimento verticale della facciata, come facilmente verificabile osservando la zona del cornicione della facciata in prossimità del giunto di dilatazione dell'edificio).

E' mia opinione che quella individuata sia la traccia di impatto dello stabilizzatore verticale e l'osservazione del particolare dei danni subiti dalla parete (non consideriamo le superfici trasparenti, che pure potrebbero dirci qualcosa...) delle due finestre mi conferma nella deduzione.

L'altezza dal suolo della finestra 1 la colloca nella zona colpita dalla parte superiore dei rottami della deriva, strutturalmente molto meno robusta, mentre la zona intermedia e, soprattutto, la finestra 2 rientrano nella zona direttamente interessata da urti di maggior importanza.
La finestra 1 ha le superfici trasparenti integre, con danni prodotti per effetto termico, e presenta evidenti rotture dello spigolo sinistro, mentre il destro risulta del tutto privo di danneggiamenti.
I danni evidenziati non possono essere stati prodotti che da un impatto dall'esterno verso l'interno dell'edificio.

La finestra 2 risulta danneggiata sullo spigolo esterno destro, dove un'ampia zona di spalla risulta mancante, le superfici trasparenti sembrano del tutto assenti e, soprattutto, il danno è chiaramente stato inferto dall'esterno verso l'interno e da destra verso sinistra.

Riassumendo, non è vero che non ci siano danni riferiti alla presenza dello stabilizzatore verticale, ma questi sono presenti e hanno specifiche caratteristiche che rendono molto difficile attribuire ad altra natura la loro origine.

A mio personalissimo parere, credo di avere fornito sufficienti indizi per poter affermare che è stata dimostrata l'inconsistenza di un'altra "pseudo-prova" complottista, cioè che il Pentagono non sia stato colpito da un Bo757 perche non vi sono tracce dell'impatto della deriva verticale.
Nell'immagine che segue, composta da tre immagini tratte da tre diverse fotografie di partenza, che riprendono la stessa zona, sintetizzo la mia ipotesi in merito a questa traccia.
La qualità del materiale fotografico a disposizione non consente di fare altre osservazioni che abbiano un sufficiente grado di affidabilità, ma la presenza di una netta variazione cromatica della superficie della facciata in coincidenza della zona individuata è un altro fattore da approfondire, nel caso divengano disponibili immagini di maggior definizione.
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Nota:
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Si ringrazia per la cortese collaborazione il professor Leonardo Lecce, docente ordinario di Strutture Aeronautiche, direttore dal novembre 2000 del Dipartimento di Progettazione Aeronautica dell'Università degli Studi di Napoli "Federico II", e l'ingegnere Fabrizio Nicolosi, ricercatore presso il medesimo Dipartimento.
Ovviamente, quanto scrivo è solamente il mio pensiero e non rappresenta necessariamente l'opinione delle persone citate.